Nell'affidamento e collocamento dei figli di coniugi separati, la presenza quotidiana della figura materna è insostituibile, nonostante le figlie siano ormai «affrancate da una stretta dipendenza fisica e materiale dalla madre quanto alle esigenze primarie e più elementari di vita». Il diritto della madre affidataria di autodeterminazione nella scelta della residenza, propria e della prole, e la sua indispensabile presenza per un corretto sviluppo psico-fisico dei figli, prevalgono dunque sul rapporto quotidiano con la figura paterna. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 9633/15.
Il caso
Il Tribunale di Castrovillari accoglie la domanda di modifica delle condizioni della separazione consensuale di due coniugi, disponendo il collocamento delle figlie presso il padre che ha agito in giudizio a seguito della scelta della madre, presso la quale erano state inizialmente affidate le bambine, di trasferirsi dal luogo di residenza di entrambe le parti alla città di Lecce. La Corte d’appello, decidendo sul reclamo proposto dalla madre, rovesciava la sentenza di prime cure, confermando il preesistente collocamento delle bambine presso di lei. Contro la pronuncia di secondo grado, il padre ricorre in Cassazione. I Giudici di legittimità, respingendo le ipotesi difensive del ricorrente, condividono quanto affermato dalla Corte territoriale.
Posto che ciascun genitore, anche dopo la separazione coniugale, ha il diritto di scegliere liberamente ove stabilire la sede della propria residenza, la scelta della madre, magistrato trasferito d’ufficio, di trasferirsi a Lecce per evitare le difficoltà e i disagi degli spostamenti quotidiani non può dirsi animata da intenti emulativi né tantomeno contraria al principio della bigenitorialità. Nell’ambito del giudizio circa l’affido e il collocamento dei figli di coniugi separati, posto che non c'è una norma che imponga di privare il coniuge separato del collocamento dei figli per il solo fatto della sua scelta di cambiare città, il giudice non ha il potere di imporre all’uno o all’altro di rinunciare ad un trasferimento di residenza, corrispondente ad un fondamentale diritto costituzionale. Tale fatto costituisce semplicemente una delle condizioni rilevanti nella valutazione giudiziaria circa le determinazioni in termini di valutazione, nel preminente interesse dei figli, se sia più funzionale il mantenimento del collocamento presso l’uno o l’altro genitore, per l’incidenza sul rapporto quotidiano con il genitore non collocatario.
Nel caso, la Cassazione condivide la motivazione del provvedimento impugnato circa l’interesse delle bambine – di 5 e 9 anni - a restare con la madre, poiché nonostante esse siano ormai «affrancate da una stretta dipendenza fisica e materiale dalla madre quanto alle esigenze primarie e più elementari di vita», sono da considerare come ancora bisognose della figura materna «pur sempre apportatrice di quella carica affettiva tutta speciale, capace di trasmettere sostegno, senso di protezione e sicurezza, che al momento si atteggiano quali elementi insostituibili per garantire loro un corretto ed armonioso sviluppo psico-fisico». L’insostituibilità della madre giustifica quindi la prevalenza sulla pur riconosciuta necessità della presenza paterna.
In merito ai rilievi circa il grave pregiudizio che le bambine subirebbero a seguito del trasferimento in un’altra città e del conseguente «sradicamento dai vincoli affettivi, ambientali e scolastici da tempo acquisiti», la Corte di legittimità fa leva sulla «particolare duttilità e capacità di adattamento alla novità dei bambini tali da rendere più agevole il percorso di superamento delle eventuali difficoltà iniziali insite nel cambiamento, laddove, invece, un brusco e prolungato distacco dalla figura materna senza dubbio non potrebbe allo stato che avere ripercussioni negative irrimediabili». Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Di mamma ce n’è una sola e le figlie restano con lei anche se decide di cambiare città - La Stampa
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martedì 9 giugno 2015
Di mamma ce n’è una sola e le figlie restano con lei anche se decide di cambiare città
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