Operazioni ‘strane’, quelle realizzate da un componente della biglietteria di una importante stazione di ‘Trenitalia’. Alcuni viaggiatori – soprattutto stranieri – hanno richiesto l’emissione dei biglietti, e sono stati accontentati, ma hanno poi scoperto che quei biglietti sono stati acquistati giorni prima online. In sostanza, il lavoratore non ha utilizzato l’apparecchiatura a sua disposizione, bensì si è sempre servito del web. E anche le ‘casse’ ne hanno risentito. Ricostruite nei dettagli le condotte del dipendente, l’azienda lo sanziona duramente, optando – legittimamente, secondo i giudici italiani – per il licenziamento (Cassazione, sentenza 12343/15).
Il caso
Gli episodi denunciati da alcuni viaggiatori risalgono a novembre 2007 e addebitati a un dipendente di Trenitalia, componente della «biglietteria» di una grande stazione, e un mese dopo gli viene comunicato il «provvedimento di sospensione cautelare» A febbraio 2008 arrivano prima la «contestazione» da parte dell’azienda, e poi l’ufficializzazione del «licenziamento». Tale ultimo provvedimento è corretto, secondo i giudici d’appello – in assoluta controtendenza con quanto deciso in Tribunale –, alla luce delle ricostruzioni rese possibili dai racconti di alcuni «viaggiatori stranieri».
Facilmente delineata la condotta del lavoratore: egli, di fronte alle richieste dei viaggiatori, non utilizzava la «macchina» a sua disposizione per «stampare i biglietti», bensì consegnava tickets acquistati qualche giorno prima online e appositamente stampati. Nessuna contestazione, da parte dell’uomo, sugli episodi a lui addebitati. Ciò che viene messa in discussione, invece, col ricorso in Cassazione, è la «proporzionalità» del provvedimento aziendale.
Davvero è legittimo il «licenziamento», domanda l’uomo, pur di fronte alla «durata complessiva del rapporto di lavoro, durato circa trentotto anni», alla «modesta rilevanza degli importi» in ballo, e, infine, alla «assenza di precedenti sanzioni»? Di fronte a queste obiezioni, però, i giudici del ‘Palazzaccio’ non modificano affatto la visione delineata in appello. In sostanza, è condivisa la sottolineatura, fatta in secondo grado, della «estrema gravità della condotta» del lavoratore, «non solo relativa alla violazione di regolamenti interni alla società e alla inosservanza di obblighi di servizio», bensì concernente «anche il mancato riscontro dell’eccedenza di cassa». Quest’ultimo elemento, in particolare, evidenziano i giudici, conduce a ritenere che «le somme corrisposte per l’acquisto dei biglietti non sono state acquisite dalla società». In questo quadro, però, l’ipotesi, tracciata dal lavoratore, della «modesta entità del fatto» non va riferita, spiegano i giudici, «alla tenuità del danno patrimoniale subito» dall’azienda.
Piuttosto, è necessario «valutare la condotta del dipendente sotto il profilo del valore che può assumere rispetto ai suoi futuri comportamenti», nonché rispetto «all’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento» lavorativo. Ciò conduce, in questa vicenda, a ritenere posto fortemente in discussione l’«elemento essenziale della fiducia, sotteso al rapporto di lavoro», a prescindere dal ‘peso economico’ delle condotte del lavoratore. Di conseguenza, concludono i giudici, è assolutamente non discutibile il «licenziamento» deciso dall’azienda.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Biglietti comprati online e venduti giorni dopo ai viaggiatori in stazione: licenziato - La Stampa
Nessun commento:
Posta un commento