Nel 2009, il tribunale di Teramo dichiara inammissibile la domanda di una donna per determinare l’assegno mensile dovuto dall’ex-marito a titolo di contributo per il mantenimento del figlio minore. Nel 2013, la Corte d’appello accoglie il reclamo, ponendo a carico dell’uomo l’obbligo di corrispondere un assegno mensile.
I giudici territoriali dichiarano che la disciplina applicabile è quella dell’art. 155 del codice civile (provvedimenti riguardo ai figli), richiamato dall’art. 129 c.c. (diritti dei coniugi in buona fede), in quanto il minore era nato da un matrimonio dichiarato nullo, con la conseguente applicabilità delle norme in tema di matrimonio putativo. Considerato inoltre che il codice civile (art. 38 disp. att.) attribuisce alla competenza del tribunale per i minorenni soltanto le controversie riguardanti l’affidamento dei figli naturali e l’esercizio della potestà genitoriale, riservando al tribunale ordinario quelle riguardanti il mantenimento dei figli nati da genitori non coniugati, la Corte d’appello ritiene che il tribunale abbia sbagliato a declinare la propria competenza in favore del tribunale per i minorenni. Infatti, le parti non hanno avanzato pretese sull’affidamento del minore o all’esercizio della potestà genitoriale, per cui non è applicabile il principio secondo cui la contestuale proposizione di tali domande e di quelle riguardanti il mantenimento dei figli comporta l’attrazione dell’intera controversia nella competenza del giudice specializzato.
L’uomo ricorre in Cassazione, contestando l’esclusione della competenza del tribunale per i minorenni: afferma di aver manifestato la volontà di intervenire nella vita del figlio, non solo in riferimento alle visite ed alla frequentazione, ma anche per le scelte e le decisioni più rilevanti per la sua crescita. La Cassazione (sentenza 9635/15) rileva che i giudici territoriali, per escludere la competenza del tribunale dei minorenni, avevano richiamato i principi in tema di provvedimenti riguardanti i figli naturali, secondo cui l’attrazione in capo al giudice specializzato della competenza a provvedere sulla misura e sul modo in cui ciascuno dei genitori deve provvedere al mantenimento del figlio si giustifica soltanto nel caso in cui la relativa domanda sia proposta contestualmente a quella riguardante l’affidamento e la regolamentazione del diritto di visita spettante al genitore non convivente: non sarebbe configurabile, fuori da questa situazione, l’esigenza di assicurare la parità di trattamento rispetto ai figli di genitori coniugati e quella di favorire la concentrazione delle tutele. Perciò, secondo la Corte d’appello, in caso di proposizione di una sola di queste domande, troverebbe applicazione la disciplina generale prevista dall’art. 38 disp. att. c.c. (nel testo applicabile al caso in esame, prime delle modifiche disposte dalla l. n. 219/2012), secondo cui la competenza del tribunale per i minorenni resterebbe limitata alle domande di affidamento e di regolamentazione del diritto di visita, mentre al tribunale ordinario spetterebbe la competenza riguardo alle domande di determinazione del contributo al mantenimento e di rimborso delle spese sostenute per il sostentamento del figlio.
Tuttavia, la Cassazione sottolinea che questo ragionamento si pone in contrasto con la circostanza che, nel caso di specie, il figlio nato dalla coppia non era nato da un’unione di fatto, bensì da un matrimonio celebrato con rito concordatario e dichiarato nullo dal giudice ecclesiastico.
Anche se la dichiarazione di efficacia nell’ordinamento italiano della sentenza ecclesiastica di nullità comporta l’applicabilità della disciplina del matrimonio putativo, dettata dall’art. 128 c.c., con conseguente necessità di fare riferimento all’art. 155 c.c. per regolamentare i rapporti tra genitori e figli minori, i giudici di merito non avevano considerato che lo status di figlio legittimo, spettante al figlio nato dall’unione ex art. 128, comma 2, c.c., impone l’applicazione della disciplina dettata dall’art. 155 c.c. non solo nei suoi aspetti sostanziali, ma anche in quelli processuali. Dato che tale disposizione, demandando al giudice l’adozione dei provvedimenti riguardanti tanto l’affidamento dei figli e la regolamentazione del diritto di visita spettante al genitore non convivente quanto la determinazione del contributo dovuto per il mantenimento, non individua l’organo giudiziario competente, la competenza dev’essere riconosciuta al tribunale ordinario per entrambe le domande, anche nel caso in cui le stesse non siano state proposte congiuntamente, «restando configurabile la competenza del tribunale per i minorenni nei soli casi in cui siano richiesti provvedimenti ablativi della potestà genitoriale, a norma degli artt. 330 e 333 c.c.». Nel caso di specie, anche volendo ravvisare nell’insistenza del ricorrente sugli ostacoli frapposti dall’altro genitore all’esercizio del diritto di visita una manifestazione di volontà diretta ad ottenere la modifica della regolamentazione di tale diritto o dell’affidamento, la proposizione della domanda (superata anche dall’avvenuto raggiungimento della maggiore età del figlio nelle more del giudizio), «non avrebbe in alcun caso consentito di escludere la competenza del giudice adito». Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Matrimonio annullato, l’assegno per il mantenimento del figlio lo stabilisce il giudice ordinario - La Stampa
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venerdì 29 maggio 2015
Matrimonio annullato, l’assegno per il mantenimento del figlio lo stabilisce il giudice ordinario
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Dal 2018 l’Avv. Emiliano Mancino aderisce al progetto Difesa Legittima Sicura, una rete di professionisti sul territorio nazionale che dà tutela legale a chiunque sia vittima di violenza.
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