mercoledì 11 marzo 2015

Guida e parla al cellulare, beccato. Prova ad evitare la multa: condannato

Confermata la sanzione nei confronti dell’automobilista: quasi tre mesi di reclusione, con pena condizionalmente sospesa. Evidente la gravità della condotta tenuta nei confronti dei due carabinieri che lo hanno fermato in strada. Non regge il richiamo difensivo a una presunta incapacità provocata da un disturbo della personalità: quel problema era fronteggiabile con semplici psicofarmaci.

Il caso

Beccato da due carabinieri a guidare e, in contemporanea, a parlare al telefono cellulare, come da italica abitudine. Inevitabile la contravvenzione, alla luce dell’evidente violazione del codice della strada. A rendere la situazione ancora peggiore, però, è la reazione inconsulta dell’automobilista, che minaccia, a più riprese, i due militari, con l’evidente obiettivo – non raggiunto – di evitare il ‘verbale’. Conseguenziale la condanna a quasi tre mesi di reclusione. Respinta la tesi difensiva della “ridotta capacità” provocata da un generico disturbo della personalità, anche perché esso è fronteggiabile con semplici psicofarmaci (Cassazione, sentenza 7996/15).

Coincidenze ‘sfortunate’ per l’automobilista italiano, che viene colto, da «due carabinieri in servizio», a «conversare con il telefono cellulare mentre marciava alla guida della sua autovettura». Ma a dare il ‘la’ alla vicenda giudiziaria è la reazione inurbana opposta dall’uomo al «verbale» che i due militari stanno per mettere ‘nero su bianco’. Egli, più precisamente, rivolge «ripetute frasi di grave minaccia» ai carabinieri per provare a «costringerli a desistere dal formare il verbale dell’apposita contravvenzione prevista dal codice della strada».

Ciò è sufficiente per arrivare, secondo i giudici di merito, alla condanna dell’uomo, con «pena, condizionalmente sospesa, di 2 mesi e 20 giorni di reclusione». E la situazione dell’automobilista non migliora neanche col ricorso in Cassazione, ricorso centrato sulla presunta «sussistenza di uno stato di ridotta capacità di intendere e di volere al momento del fatto». Di fronte a tale considerazione, difatti, i giudici del ‘Palazzaccio’ ritengo non significativo il richiamo, da parte dell’uomo, a un suo «generico disturbo della personalità, clinicamente accertato, con ricovero ospedaliero, molti mesi dopo l’episodio», e, comunque, «fronteggiabile con presidi farmacologici (psicofarmaci) di comune e ampia diffusione».

Peraltro, non si può ignorare, alla luce della «ricostruzione della condotta» dell’uomo, che egli è parso pienamente «consapevole» della «finalizzazione lesiva delle frasi di deliberata minaccia rivolte ai due carabinieri», e, quindi, del «loro funzionale proiettarsi sull’atto di ufficio che stava per essere compiuto nei suoi confronti, ossia contestazione di infrazione al codice della strada». Fragilissima, quindi, la linea difensiva dell’uomo. Per questo motivo, è condivisa, e confermata, la condanna emessa nei suoi confronti in Appello.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Guida e parla al cellulare, beccato. Prova ad evitare la multa: condannato

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