sabato 17 gennaio 2015

Tassi da usuraio: minacciare la vittima non rientra nell’esercizio delle proprie ragioni

La Corte d’appello di Milano condanna per il reato di estorsione un imputato, che ricorre in Cassazione. L’uomo dice di aver agito nella convinzione di procedere al recupero del proprio credito, per cui il reato sarebbe quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (articolo 393 del codice penale). Inoltre, l'imputato afferma che la parte offesa ha restituito all’imputato una somma inferiore al capitale prestato, per cui quest’ultimo avrebbe comunque potuto agire secondo l'articolo 1815 del codice civile.

La Cassazione, tuttavia, nella sentenza 44366/14, ritiene che la condotta usuraria dell'imputato è dimostrata e questi, in diverse occasioni aveva anche percosso la vittima. In più, il costante incremento degli interessi pretesi dall’imputato fa capire che ilprestito a tassi usurari precludeva qualsiasi pretesa di legittima azionabilità della somma relativa al capitale mutuato, per cui la violenza e le minacce non erano rivolte alla restituzione solo dell’originario prestito, ma della cifra più consistente accumulata nel tempo. Nel caso, gli interessi erano oggettivamente di carattere usurario, il che escludeva la legittimità dell’eventuale pretesa giuridicamente azionabile di ottenere il rimborso dell’intero capitale mutuato. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso dell'imputato.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Tassi da usuraio: minacciare la vittima non rientra nell’esercizio delle proprie ragioni

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