venerdì 5 dicembre 2014

Violenza sessuale nel colloquio di lavoro: il "no" della candidata fa scattare il dolo

La Corte d’Appello assolve un uomo con la formula che "il fatto non costituisce reato". Alla base di tale decisione, il dubbio che l’imputato potesse essere inconsapevole che la persona offesa non fosse consenziente ad un atto sessuale cui l’uomo l’aveva indotta, nel corso di un colloquio di lavoro. La ricostruzione degli avvenimenti è stata effettuata dal Tribunale in base alla testimonianza della parte civile, della cui credibilità nemmeno la Corte territoriale dubita. Peraltro, la mancanza del consenso della vittima non è mai stata messa in discussione, ed anzi il dissenso era stato chiaramente manifestato sin da subito. Nondimeno, la Corte territoriale nutre il dubbio che l’imputato potesse aver percepito «il chiaro ed inequivocabile dissenso della donna».

A giudizio della Cassazione (sentenza 39851/14) è noto il principio per il quale, in materia di violenza sessuale, l’elemento oggettivo può consistere anche nel compimento di atti subdoli e repentini, che sono tali perché compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevedendone la manifestazione di dissenso (Cass., Sez. III, n. 27273/10; Cass., Sez. III, n. 6340/06; Cass., Sez. III, n. 6945/04). E’ errato pretendere, ai fini della sussistenza del dolo, che, in tema di violenza sessuale, il dissenso della vittima debba essere chiaro ed inequivoco. E’, invece, vero il contrario: è il consenso a dover essere sempre chiaro ed inequivoco, sia prima che durante l’atto; anche il minimo dubbio, sul punto, è sufficiente a integrare il dolo. Per questi motivi la Corte annulla con rinvio la sentenza.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Violenza sessuale nel colloquio di lavoro: il "no" della candidata fa scattare il dolo

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