mercoledì 1 ottobre 2014

Un accredito di giugno non fa presumere che l’operazione risalga all’anno prima

Un accredito ricevuto (e non dichiarato) a metà giugno 2005, non fa necessariamente presumere che l’operazione sottratta al Fisco sia riferibile al 2004. O quanto meno, la riconducibilità al 2004 non può essere presunta sulla base di pratiche commerciali che “non è provato fossero seguite nei rapporti con i fornitori stranieri dell’impresa”. È quanto emerge dall’interessante sentenza depositata il 29 settembre, n. 40211, della Terza Sezione penale di Cassazione.

Accogliendo il ricorso dell’imputato del reato di dichiarazione infedele, la Corte interviene per rimuovere la decisione d’Appello che, grazie alla riconducibilità dei ricavi non dichiarati al 2004, lo condannava per raggiunti limiti della soglia di punibilità del reato. I fatti traevano origine da due versamenti sospetti provenienti dall’estero e recanti come causale “servizi pubblicitari” o “compensi di mediazione”, che il contribuente non dichiarava.

All’esito del contraddittorio, l’Amministrazione, avvalendosi delle presunzioni ex art. 32, D.P.R. n. 600/73, riteneva di poterli imputare a ricavi non dichiarati del 2004. Giunti in Appello, il giudice confermava la presunzione e la condanna a otto mesi di reclusione. Quando, per gli Ermellini, la riconducibilità al dato anno d’imposta non era affatto stata provata: se per l’accredito risalente al gennaio 2005 era sufficiente riferirlo all’anno prima in base alle normali tempistiche del settore commerciale e alla periodicità dei pagamenti, non lo era per quello di metà giugno. Annullata la sentenza di merito, la Corte non ha potuto rinviare la controversia per l’intervenuta prescrizione ed ha così dichiarato l’estinzione del reato.

Fonte: Fiscopiù - Giuffrè - www.fiscopiu.it/La Stampa - Un accredito di giugno non fa presumere che l’operazione risalga all’anno prima

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