martedì 28 ottobre 2014

Nessun indennizzo se il conduttore non prova il “contatto con il pubblico”

Si presume l’esistenza di contatti con il pubblico nei casi di attività destinata per sua natura a comportare tali contatti, con la possibilità per il locatore di provare in concreto che l’immobile abbia avuto una diversa destinazione. Al di fuori di questi casi, e quindi quando dalla destinazione individuata dalle parti in contratto non si desuma il contatto diretto con il pubblico, si riafferma la regolare generale dell’onere probatorio, in base alla quale incombe al conduttore dimostrare le condizioni che comportano il riconoscimento dell’indennità per la perdita dell’avviamento. Lo afferma la Cassazione nella sentenza 17102/14.

Il caso

Una società chiedeva il pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento a seguito della cessazione del contratto di locazione relativo ad un immobile, conseguita alla disdetta de parte della società locatrice. Entrambe le decisioni di merito rigettavano la domanda attorea, dal momento che non era stato provato adeguatamente che lo stabile fosse aperto ad un pubblico indistinto di utenti e consumatori, essendo stati considerati prevalenti gli elementi che inducevano a propendere per la destinazione a sede organizzativa o amministrative dello stabile locato.

Ricorreva allora per cassazione la società conduttrice, censurando la sentenza impugnata per non aver considerato che il requisito del contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori era desumibile dalla stessa pattuizione contrattuale che prevedeva un utilizzo esclusivo per lo svolgimento di attività di mediazione immobiliare, stando che spettava al locatore provare che il conduttore non aveva svolto l’attività di intermediazione immobiliare. Le censure, in sostanza, attenevano alla prova dell’esistenza di contratti con il pubblico degli utenti e dei consumatori. Diritto all’indennità se c’è la prova che l’attività soddisfi le esigenze della generalità degli interessati.

Per affrontare la questione in esame osta ricordare il precedente giurisprudenziale, secondo cui «in tema di locazione di immobili urbani aditi ad uso diverso da quello di abitazione, la destinazione dell’immobile all’esercizio dell’attività commerciale (…) può determinare l’esistenza del diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento» a patto che «il conduttore istante provi che il locale possa essere considerato come luogo aperto alla frequentazione diretta della generalità dei consumatori e, dunque, da sé solo in grado di esercitare un richiamo su tale generalità, così divenendo un collettore di clientela ed un fattore locale di avviamento» (Cass., n. 6948/2010).

Quindi, la spettanza del diritto all’indennità, quando il locale sia stato destinato ad un’attività che comporti contatto diretto con il pubblico, è subordinata alla prova che l’attività sia rivolta a soddisfare esigenze non di soggetti o operatori economici singolarmente contattati, bensì della indistinta generalità degli interessati. Da considerare la destinazione contrattuale dell’immobile, per capire su chi grava l’onere di provare il contatto con il pubblico.

In sostanza, quando dalla destinazione contrattuale dell’immobile derivi che l’utilizzo dello stesso comporti contatto diretto col pubblico, grava sul locatore, che eccepisce la diversa destinazione, l’onere di provare il fatto impeditivo della pretesa del conduttore, ai sensi dell’art. 2697, comma 2, c.c.. Se invece, la destinazione individuata dalle parti in contratto non implichi il contatto diretto con il pubblico, ma possa implicare o meno tale contatto, spetta al conduttore provare che l’immobile era adibito ad attività comportante il contatto in questione. Quindi, in estrema sintesi, si presume l’esistenza di contatti con il pubblico nei casi di attività destinata per sua natura a comportare tali contatti (per esempio: bar e ristoranti), con la possibilità per il locatore di provare in concreto che l’immobile abbia avuto una diversa destinazione. Al di fuori di questi casi, si riafferma la regolare generale dell’onere probatorio, secondo cui incombe al conduttore dimostrare le condizioni che comportano il riconoscimento dell’indennità. Spettava al conduttore provare il “contatto con il pubblico”.

Nel caso di specie, il contratto non prevedeva espressamente la destinazione del bene ad un’attività comportante sempre e comunque contatti con tale platea indifferenziata degli utenti, sicché gravava sulla società conduttrice la prova che l’immobile era stato in concreto utilizzato per il compimento di attività destinate all’indistinta generalità degli interessati, e non, invece, al locatore, come sostenuto dalla ricorrente. La Cassazione ha quindi riconosciuto la corretta applicazione da parte dei Giudici di merito dei principi giurisprudenziali affermati in sede di legittimità, i quali avevano giustamente ritenuto che gli elementi raccolti propendessero per una prevalente destinazione ad uso amministrativo, dal momento che difettava la prova della condizione per il riconoscimento dell’indennità. Sulla base di tali argomenti, la Corte Suprema rigetta il ricorso.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Nessun indennizzo se il conduttore non prova il “contatto con il pubblico”

Nessun commento:

Posta un commento

Responsabilità professionale medica, stop alle "liti temerarie" contro i medici

 Stop alle "liti temerarie" contro i medici: su 100 cause per responsabilità professionale, nel penale, solo il 5% porta a una con...