giovedì 18 settembre 2014

L’illecita compensazione non è punita a titolo di truffa

È immune da vizi la sentenza che proscioglie gli imputati in ordine al reato di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640 c.2 c.p.), lasciando invariata la sola contestazione del delitto di indebita compensazione (art. 10 quater d.lgs. 74/2000). Nella fattispecie opera, infatti, il principio di specialità dei reati tributari rispetto al reato di truffa.

Lo afferma la Corte di Cassazione, nella sentenza del 15 settembre, n. 37725, che respinge il ricorso presentato dal Procuratore Generale della Repubblica, confermando la declaratoria d’improcedibilità della Corte d’Appello. Nei fatti di causa, il reato di truffa, concernente l’indebita percezione di contributi per l’imprenditoria, era stato consumato attraverso la metodica dell’illegale compensazione.

Per gli Ermellini, conformi alla giurisprudenza delle Sezioni Unite, non derivando dalla frode fiscale un profitto ulteriore rispetto all’evasione, come l’ottenimento di pubbliche erogazioni, si configura il menzionato rapporto di specialità. Ovvero, nella fattispecie, nessuna finalità, vantaggio o danno extratributario risultano realizzati o perseguiti in quanto il minor gettito erariale (profitto della frode), “deriva dalla redazione a fini di compensazione illecita di un modello F24”. Ove il profitto delle condotte fraudolente, contestate a titolo di truffa aggravata, rappresenta le stesse somme non corrisposte al Fisco in conseguenza dell’indebita compensazione. Sulla scorta di tali principi, le censure avanzate dal PM, tese a punire la condotta a titolo di truffa aggravata, risultano infondate.

Fonte: Fiscopiù - Giuffrè per i Commercialisti - www.fiscopiu.it/La Stampa - L’illecita compensazione non è punita a titolo di truffa

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