Il principio è innovativo: assenteismo tattico. D’ora in poi un lavoratore non sarà licenziabile solo quando accumula un numero eccessivo di assenze, superando quello che gli addetti ai lavori chiamano «periodo di comporto», ma anche quando le sue assenze a macchia di leopadro sono piazzate ad hoc.
La Cassazione ha infatti confermato il licenziamento di un dipendente di una ditta di materiale edile della provincia di Chieti abilissimo stratega nell’alternare periodi di malattia, ferie e riposi. Il lavoratore, dopo aver ricevuto un rigetto dal giudice di Vasto e dalla Corte d’Appello dell’Aquila, si era rivolto alla Cassazione chiedendo che il licenziamento venisse dichiarato illegittimo visto che il numero complessivo delle sue assenze non aveva superato, appunto, il periodo di comporto.
La Cassazione, però, ha dato peso alle testimonianze degli altri colleghi raccolte dai giudici dell’Aquila secondo cui il dipendente prendeva effettivamente pochi giorni alla settimana, due o tre, la «reiterate» e «costantemente agganciate» ai giorni di riposo. Non solo. Le assenze venivano comunicate all’ultimo momento e soprattutto in coincidenza dei fine settimana o dei turni di notte, creando malumori tra i colleghi e difficoltà all’azienda che faceva fatica a trovare dei sostituti.
Secondo i giudici supremi, questo comportamento configura gli estremi dello scarso rendimento visto che il lavoratore riusciva ad accumulare assenze anche per 520 ore annuali, in pratica un quarto di quelle che si dovrebbe lavorare.
Proprio l’appoggiarsi al principio dello «scarso rendimento» è un’altra novità, seppur non inedita. «Era un principio che veniva adottato soprattutto in alcune sentenze degli Anni Novanta - spiega Fausto Raffone, avvocato esperto in materia di lavoro - Ma negli ultimi quindici anni era stato abbandonato perché le stesse aziende non volevano che fosse un giudice a stabilire quale livello di rendimento fosse accettabile o meno per prevedere un licenziamento».
Riferirsi al principio dello scarso rendimento è, per Raffone, un escamotage per evitare di dover censurare l’attendibilità dei certificati prodotti dai medici, velatamente criticati con l’espressione «assenteismo tattico».
Una questione di recente sotto i riflettori dopo la lettera-provocazione che il sindaco di Locri ha inviato a Gesù Cristo chiedendo che lo liberasse dall’assenteismo dei dipendenti comunali. Su 125 dipendenti, il sindaco denuncia la presenza in ufficio di appena 20-25 persone. Il resto? Certificati medici a raffica.
Cosa cambierà dopo la sentenza della Cassazione? Magari poco, ma certo il clima sembra cambiato. In precedenza si poteva superare il limite del periodo di comporto solo in un caso particolare: quando il lavoratore in questione avesse avuto una malattia o un incidente che avrebbe per sempre ridotto le sue prestazioni lavorative. In quel caso la Cassazione aveva infatti previsto che il datore di lavoro che perdeva interesse a mantenere un lavoratore con limitate capacità lavorative, poteva licenziarlo. Ora la casistica si è allargata: anche con malattie non croniche, ma che possono creare difficoltà nell’organizzazione del lavoro aziendale, quando evidentemente viziate da una certa tattica, è il datore di lavoro a poter far valere il suo diritto.
fonte:lastampa.it//La Stampa - Lavoro: si può licenziare per “assenteismo tattico”
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venerdì 5 settembre 2014
Lavoro: si può licenziare per “assenteismo tattico”
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