martedì 29 luglio 2014

Vademecum sulle ferie: la parola all'avvocato

Nei contesti aziendali assume sempre maggiore interesse la tematica delle ferie riconosciute ai dipendenti e la corretta regolazione della loro fruizione. Cercheremo quindi di esaminare il tema delle ferie, analizzando in questa prima parte, attraverso continui richiami alla giurisprudenza costituzionale, di legittimità e di merito, le fonti del diritto alle ferie, le modalità di fruizione delle stesse e le ipotesi di monetizzazione lecite.

Fonti del diritto alle ferie

Come noto, il diritto alle ferie è sancito dall'art. 36, comma 3 Cost., a norma del quale "il lavoratore ha diritto […] a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi".

Si tratta di un diritto costituzionale, non rinunziabile da parte del lavoratore, che "non ha solo la funzione di corrispettivo della prestazione lavorativa, ma soddisfa anche esigenze psicologiche fondamentali del lavoratore, consentendo allo stesso di partecipare più incisivamente alla vita familiare e sociale e tutelando il suo diritto alla salute, nell'interesse dello stesso datore" (in questo senso Cass. Sez. Un. 23 febbraio 1998, n. 1947).

La norma, di rango costituzionale, è assai concisa nei suoi contenuti e ha lasciato ampi spazi interpretativi, solo parzialmente colmati attraverso gli ulteriori interventi normativi; prima ancora, con l'art. 2109 c.c. e poi, in tempi più recenti, con la disciplina dettata all'art. 10 del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66.

In particolare, l'art. 2109, comma 2 c.c. stabilisce che il prestatore di lavoro ha diritto "ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro".

La disposizione richiamata prevede inoltre, al successivo comma 3, che "l'imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie".

L'art. 2109 c.c. è stato nel tempo oggetto di ripetuti interventi ad opera della Corte Costituzionale; prima con la Sentenza 7 maggio 1963, n. 66 che ha riconosciuto la maturazione progressiva infra-annuale delle ferie e ha pertanto dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 2 della norma codicistica, nella parte in cui era stabilito che le ferie maturavano "dopo un anno di ininterrotto servizio"; successivamente, con decisione 22 dicembre 1980, n. 189, la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo nella parte in cui non prevedeva il diritto a ferie retribuite anche per il lavoratore assunto in prova in caso di recesso dal contratto durante il suddetto periodo.

Più recentemente, è intervenuto l' art. 10 del D.lgs. 8 aprile 2003 n. 66 - modificato dall'art. 1, comma 1, lett. d) del D.lgs. 19 luglio 2004, n. 213 -, di attuazione organica alla direttiva 93/104/CE del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha dettato le modalità applicative in tema di maturazione e di fruizione delle ferie.

Nella sua attuale formulazione, la norma stabilisce infatti che "Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all'articolo 2, comma 2, va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione. 2. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro. 3. Nel caso di orario espresso come media ai sensi dell'articolo 3, comma 2, i contratti collettivi stabiliscono criteri e modalità di regolazione".

Potere di assegnazione delle ferie

E' stato chiarito dalla Suprema Corte come il potere di assegnazione delle ferie spetta unicamente al datore di lavoro: "L'esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all'imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell'impresa; al lavoratore compete soltanto la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell'ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca - al solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali - i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda" (in questo senso Cass. civ. Sez. lav., sent. 19 dicembre 2013, n. 28428).

Ancor prima, è stato evidenziato che "il periodo annuale di ferie retribuito è fissato nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La legge prevede la determinazione unilaterale del periodo annuale di ferie da parte del datore di lavoro, in detta determinazione egli deve soltanto tener conto degli interessi del lavoratore (v. Cass., 4198/88). La legge stabilisce inoltre che l'imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie. […] La rilevanza degli interessi del prestatore, che eventualmente potrà richiedere di essere indennizzato per danni derivanti dal mutamento del periodo feriale, non esclude il permanere del potere del datore di lavoro di modificare il periodo originariamente assegnato in relazione alle esigenze dell'impresa e quindi di modificare, salva la obbligatoria preventiva comunicazione, il periodo di ferie assegnato" Cass. civ. Sez. Lav., 11 febbraio 2000, n. 1557).

La medesima decisione ha inoltre precisato come "il potere attribuito all'imprenditore dalla legge di stabilire il periodo delle ferie, implica quello di modificarlo, con il solo limite del preavviso".

Modalità di fruizione delle ferie

Circa la frazionabilità del periodo di due settimane - che l'art. 10 del D.lgs. 8 aprile 2003 n. 66 presume di regola goduto dal lavoratore in via consecutiva - è intervenuto il Ministero del Lavoro con interpello 18 ottobre 2006, sostenendo che "la norma deve quindi essere interpretata nel senso che la contrattazione collettiva può anche ridurre il limite delle due settimane per cui è obbligatorio il godimento infra-annuale, purché tale riduzione non vanifichi la richiamata funzione dell'istituto feriale e sia occasionata da eccezionali esigenze di servizio o, comunque, da "esigenze aziendali serie".

La contrattazione collettiva è inoltre abilitata ad intervenire in merito alle ulteriori due settimane minime di legge, anche dilatando il termine di 18 mesi che la legge fissa ai fini della loro fruizione.

La contrattazione collettiva può inoltre disporre (come di fatto solitamente avviene) l'incremento del numero di giornate a titolo di ferie a disposizione di ciascun lavoratore, fruibili in modo frazionato nel rispetto delle previsioni contrattuali e degli usi aziendali applicati.

Ipotesi di monetizzazione delle ferie

In tema di indennità sostitutiva delle ferie non godute, sembra utile evidenziare che l'art. 10 comma 2 del D.lgs. 8 aprile 2003 n. 66 ha espressamente vietato la monetizzazione del periodo di ferie corrispondente alle quattro settimane legali, "salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro".

Proprio in merito a tale ultima previsione, è di recente intervenuta la Suprema Corte, affermando "l'illegittimità, per il loro contrasto con norme imperative, delle disposizioni di contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all'equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l'ipotesi del lavoratore che abbia disattesa la specifica offerta della fruizione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro" (Cass. civ. Sez. Lav. sent. 9 luglio 2012 n. 11462).

Accanto alla fattispecie legale sopra menzionata, le aziende saranno chiamate a confrontarsi con l'ulteriore esigenza di riconoscere l'indennità sostitutiva delle ferie non godute anche in caso di decesso del lavoratore, dichiarata dalla recentissima pronuncia della Corte di Giustizia UE 12 giugno 2014, C-118/13.

Al pari, secondo un recente orientamento espresso dalla Suprema Corte, deve essere riconosciuta l'indennità sostitutiva delle ferie non godute anche in favore del lavoratore che non ne abbia fatto richiesta al proprio datore di lavoro, sul mero presupposto che le ferie non siano state effettivamente da questo fruite (in questo senso Cass. civ., Sez. Lav., sent. 4 luglio 2013, n. 16735).

fonte: ilsole24ore.com//Vademecum sulle ferie: la parola all'avvocato

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