mercoledì 26 marzo 2014

Marito infortunato non appaga sessualmente la moglie: il danno non patrimoniale deve essere risarcito

Premesso che il danno morale e quello sessuale e alla vita di relazione rientrano pur sempre nell’ampia e onnicomprensiva categoria del danno non patrimoniale, la loro esistenza può presumersi anche in base a mere massime di esperienza, in particolare se basate sui rapporti personali tra coniugi. Inoltre, essi dovranno essere liquidati e equitativamente. È quanto stabilito dalla Cassazione nella sentenza 386/14.

Il caso

La Corte di Cassazione annulla la sentenza con cui il Tribunale di Latina aveva condannato una società al risarcimento del danno subito dal marito di una donna a causa di un infortunio. Tale decisione si giustifica in base all’assunto secondo il quale la decisione si basava su documenti depositati in appello dalla moglie dell’uomo, senza che fosse intervenuta una pronuncia sull’eccezione di tardività della loro produzione sollevata dalla società. La Corte d’Appello di Roma rigetta tale ricostruzione dei fatti e conferma la decisione del Tribunale di Latina. La società ricorre in Cassazione. A parte alcune questioni di carattere spiccatamente procedurale, il profilo più interessante della pronuncia riguarda l’insussistenza, a parere della ricorrente, del danno alla vita sessuale, essendosi ipotizzata una mera impossibilità a procreare (aspermia), destinata a regredire nel tempo. Si consideri, tra l’altro, che la donna aveva affermato di non volere altri figli e che, da anni ormai, era separata dal marito. Non era stato provato, poi, il danno morale, per di più liquidato in maniera arbitraria. Ora, premesso che il danno morale e quello sessuale e alla vita di relazione rientrano pur sempre nell'ampia ed omnicomprensiva categoria del danno non patrimoniale, che non è possibile suddividere in ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva, si tenga presente che la loro esistenza può presumersi anche in base a mere massime di esperienza, in particolare se basate sui rapporti personali fra coniugi (regolati dall'art. 143 c.c.), come nel caso di specie, salva restando la possibilità di prova contraria. Le obiezioni svolte circa una pretesa separazione fra la controricorrente e il marito e/o quelle concernenti la scelta di non avere (altri) figli implicano accertamenti di fatto, estranei al giudizio di legittimità. In ordine, poi, alla liquidazione dei danni, si noti che essa non può che avvenire in via equitativa, non esistendo parametri legislativi a riguardo. Ciò detto, non risponde al vero che l'impugnata sentenza abbia proceduto ad una loro liquidazione arbitraria: essa è avvenuta sulla base di una sentenza perfettamente conosciuta da entrambe le parti e, segnatamente, proprio dalla ricorrente che l'aveva specificamente impugnata mediante ricorso per cassazione anche riguardo alla prova del danno e alla sua liquidazione. In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Marito infortunato non appaga sessualmente la moglie: il danno non patrimoniale deve essere risarcito

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