Non è violenza privata la telefonata della ex moglie all’ex marito, se la condotta non perpetua gli effetti dell’intimidazione e non produce una concreta e specifica coercizione comportamentale della vittima, vulnerandone la libertà di autodeterminazione. È quanto risulta dalla sentenza della Cassazione 44616/13.
Il caso
Una donna, separata dal marito, era stata condannata per tentata violenza privata e danneggiamento ai danni dell’ex coniuge. Contro tale statuizione, l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, deducendo che, nel caso concreto, sarebbe configurabile il reato di minaccia semplice e non quello di tentata violenza privata, posto che non è emerso che l’ex marito si sia sentito intimorito dalla telefonata a lui effettuata. Il ricorso, per la Suprema Corte è fondato. Il criterio distintivo tra violenza privata e minaccia risiede negli effetti prodotti. Gli Ermellini, innanzitutto, hanno ricordato che, nella violenza privata, al condizionamento del soggetto passivo si giustappone la coartata attuazione da parte di quest’ultimo di un contegno che egli non avrebbe assunto. Premesso ciò, Piazza Cavour ha rilevato che l’uomo aveva riferito di aver subito il danneggiamento dell’auto, cointestata alla moglie e in suo possesso, e che, avendo ricevuto poco prima una telefonata dell’odierna ricorrente (nel corso della quale la stessa gli aveva ordinato di tornare immediatamente a casa, altrimenti gli avrebbe danneggiato l’automobile), aveva di conseguenza ritenuto il danneggiamento effettivo opera della moglie. Inoltre, l’ex marito aveva dichiarato di non avere ben compreso, inizialmente, a quale abitazione la moglie avesse inteso far riferimento, infatti, solo in un secondo momento aveva capito che si trattava dell’abitazione nella quale si era trasferito dopo la separazione. Comunque, egli era rientrato a casa dopo circa due ore, e in quell’occasione aveva potuto constatare che l’autovettura in sosta nei pressi dell’abitazione presentava le quattro ruote bucate. Essendo questa la ricostruzione dei fatti, secondo il Collegio è evidente che il fatto della telefonata «deve essere correttamente qualificato come minaccia ai sensi dell’art. 612, comma 1, c.p. e non come tentata violenza privata, in quanto la minaccia, nel caso in esame, non era in alcun modo idonea a costringere il destinatario a tenere, contro la propria volontà, la condotta pretesa dall’agente». Data la nuova qualificazione, la Cassazione ha dichiarato estinto il reato di minaccia, essendo intervenuta remissione della querela da parte della persona offesa, accettata dall’imputata. Stessa sorte ha avuto il reato di danneggiamento che, commesso nei confronti del coniuge separato, è procedibile a querela di parte. Pertanto, la sentenza è stata annullata senza rinvio perché i reati sono estinti.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Ex moglie telefona minacciosa, ma l’uomo non si lascia intimorire: non c’è violenza privata
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lunedì 10 febbraio 2014
Ex moglie telefona minacciosa, ma l’uomo non si lascia intimorire: non c’è violenza privata
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