La donna abitava con il suo convivente nella casa che questi aveva avuto in comodato gratuito dal fratello. Approfittando di un lungo periodo di ricovero in ospedale a seguito di un incidente, i familiari dell’uomo si erano introdotti nell’appartamento e avevano cambiato la serratura per impedire alla compagna di tornare a casa. Quindi questa aveva portato in tribunale i parenti acquisiti e si era vista riconoscere il diritto ad abitare nella casa in base all’accordo di comodato, diritto però poi negato dalla Corte d’Appello di Torino. La Cassazione, con la sentenza n.7 di quest’anno, ha accolto il suo ricorso.
In ragione «del rilievo sociale che ha ormai assunto per l’ordinamento la famiglia di fatto», sottolinea la seconda sezione civile, «la convivenza more uxorio, quale forma sociale che dà vita ad un autentico consorzio familiare», determina sulla casa di abitazione dove si svolge e si attua il programma di vita in comune, «un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni di pura ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata». E quindi non è legittima «l’estromissione violenta o clandestina dall’unità abitativa».
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