Senza successo, Giorgio F. (34 anni), ha cercato di contestare la condanna inflittagli dalla Corte di Appello di Milano - nel dicembre 2012 - facendo presente "l'insussistenza" del reato che non era nemmeno andato a buon fine. Tanto più in considerazione del fatto che "la mancata truffa, se consumata, avrebbe comportato un danno patrimoniale complessivamente inferiore ai 30 euro", una inezia per la municipalizzata in questione - l'Azienda milanese di servizi ambientali - che ha "un patrimonio netto ammontante a quasi 80 milioni di euro".
Ad avviso dei supremi giudici l'entità "modesta o modestissima" del danno patrimoniale, in questo caso "quantificato al centesimo di euro" dai giudici di Milano, non mette in salvo l'imputato. "Né potrebbe essere diversamente - spiega la Cassazione - poiché il principio stabilito dall'art. 129 del progetto di Costituzione approvato dalla Commissione bicamerale nell'ottobre del 1997, che recitava 'non è punibile chi ha commesso un fatto previsto come reato nel caso in cui esso non abbia determinato una concreta offensività', è stato travolto dal fallimento della bicamerale e non è penetrato nell'ordinamento costituzionale neanche con la riforma dell'art. 111 della Costituzione". Così Giorgio F. è stato condannato anche a pagare duemila euro per le spese processuali.
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