Può svolgere mansioni di capo servizio treni anche chi ha una statura inferiore a un metro e sessanta. Lo si evince da una sentenza con cui la sezione lavoro della Cassazione ha dato ragione ad una donna, la quale, pur avendo superato positivamente la selezione per essere assunta a svolgere tali funzioni, era poi stata giudicata inidonea da Trenitalia per «insufficienza della statura».
La Corte d'appello di Roma, ribaltando il verdetto di primo grado, aveva dichiarato il diritto della donna a essere assunta come capo servizio treno. I giudici di secondo grado avevano anche stabilito un risarcimento danni a suo favore, ritenendo che le fonti normative relative alle tabelle sui «requisiti fisici» per i vari profili professionali, in cui veniva stabilita la statura minima di 1,60 cm per i capi treno e i conduttori, fossero «di grado secondario e, dunque, al giudice ordinario era consentito valutarne incidentalmente la legittimità ed eventualmente disapplicarle».
Tale normativa, inoltre, rilevavano i giudici d'appello «prevedendo un requisito di statura minima unico ed indifferenziato per uomini e donne, violava gli articoli 3 e 37 della Costituzione», in quanto, come dichiarato dalla Consulta nel 1993, realizzava una discriminazione indiretta ai danni dei candidati di sesso femminile».
Ogni normativa che, nei concorsi per l'assunzione - avevano sottolineato ancora i giudici d'appello, stabilisse una limitazione di natura fisica per l'accesso alla selezione «doveva rispondere a un criterio di ragionevolezza», sia «per il concorso pubblico, stante i principi costituzionali di non discriminazione per diversità fisiche e di imparzialità della pubblica amministrazione», sia «nel settore privato, in cui i criteri di selezione devono rispondere ai principi di correttezza e buona fede». La Cassazione ha condiviso tali conclusioni, parlando di «percorso motivazionale esaustivo e coerente».
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