Non viola il diritto di difesa l’acquisizione senza le “garanzie difensive” del mozzicone di sigaretta per la verifica del Dna. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 45959/2013, dichiarando inammissibile il ricorso di un uomo condannato in appello a tre anni di reclusione per furto. A fondamento della condanna, la sentenza impugnata ha posto, in primo luogo, i risultati dell’esame del Dna condotto sui mozziconi delle due sigarette fumate dall’imputato, mentre era negli uffici del carabinieri.
Con riguardo alle doglianze del ricorrente, la Suprema corte chiarisce che occorre distinguere la critica che attiene alla mancanza di consenso alla raccolta dei mozziconi di sigaretta dalla censura che investe la successiva fase degli accertamenti tecnici.
Sotto Il primo profilo, osserva la Corte che, in tema di perizia o di accertamenti tecnici irripetibili, “il prelievo del Dna della persona indagata, attraverso il sequestro di oggetti contenenti residui organici alla stessa attribuibili, non è qualificabile quale atto invasivo o costrittivo, e, essendo prodromico all’effettuazione di accertamenti tecnici, non richiede l’osservanza delle garanzie difensive”.
Sotto il secondo profilo, rileva che “in tema di accertamento tecnico non ripetibile nel corso delle indagini preliminari, il mancato avviso all’imputato e al difensore del conferimento dell’incarico e della facoltà di nominare un consulente tecnico di parte, dà luogo a nullità di ordine generale a regime intermedio, che va dedotta non oltre la conclusione del giudizio di primo grado”. Cosa non avvenuta nel caso in questione.
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