Legittimo il licenziamento del dipendente che abbia offeso il legale rappresentante della società dandole della “mentecatta” e “pazzoide”. All’azienda non spetta invece il risarcimento del danno all’immagine in quanto le affermazioni diffamatorie e ingiuriose sono state fatte all’interno dell’azienda. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 22396/2013.
Secondo i giudici di Piazza Cavour infatti le affermazioni offensive del dipendente “in quanto non esternate al di fuori dell’ambito aziendale, non sono idonee ad incidere sulla reputazione, sul prestigio e sul buon nome della società né tanto meno a provocarne la caduta dell’immagine”.
La Cassazione ricorda di aver in più occasioni affermato che “nei confronti della persona giuridica ed in genere dell’ente collettivo è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della persona giuridica o dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione, e fra tali diritti rientra quello relativo all’immagine, allorquando si verifichi la sua lesione. In tali casi, oltre al danno patrimoniale, se verificatosi, e se dimostrato, è risarcibile il danno non patrimoniale costituito - come danno c.d. conseguenza - dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell’ente, sia sotto il profilo della incidenza negativa che tale diminuzione comporta, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica o l’ente di norma interagisca”.
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