La norma è diretta a tutelare il rapporto del figlio con la madre e quindi l’integrità psicofisica del minore di 1 anno può prevalere sull’interesse dello Stato ad eseguire immediatamente la pena. Ma la veste giuridica assunta da tale rapporto è irrilevante, bisogna fare riferimento alla situazione concreta ed effettiva in cui madre e figlio si trovano. Con la sentenza 21367/13 la Cassazione ha confermato la decisione di Magistrato e Tribunale di Sorveglianza.
Il caso
Nel gennaio 2012, una donna di 37 anni partorisce. Prima di dare alla luce la sua secondogenita ha però commesso vari reati: per questo viene condannata a 3 anni 11 mesi e 24 giorni di reclusione. Propone istanza di rinvio di esecuzione della pena. Il 21 agosto 2012, il Tribunale di Sorveglianza conferma la decisione di rigetto del Magistrato di Sorveglianza. L’art. 684 c.p.p. regola la procedura di istanza di rinvio di esecuzione della pena previsto dall’art. 146, comma 2, c.p., che prevede un differimento della pena irrogata nei confronti di madri con figli infanti minori di un anno, eccetto che nei casi in cui «la madre è dichiarata decaduta dalla potestà sul figlio ai sensi dell’art. 330 c.c., il figlio muore, viene abbandonato ovvero affidato ad altri». Ma non è necessario un formale affidamento civilistico per non disporre il differimento? La donna ricorre per cassazione sostenendo che tale norma vada interpretata nel senso che essa osta al rinvio della pena nel caso di «un affidamento formale, come risulta dall’inserimento della previsione in un elenco di provvedimenti o eventi di natura civilistica», mentre il rigetto dell’istanza si è fondato sull’affidamento di fatto della neonata. La Suprema Corte rileva che un provvedimento formale di affidamento formale del bambino, adottato da un giudice civile, sarebbe abbondantemente «indicativo di una situazione di fatto sottostante corrispondente a quanto disposto». Ma la mancanza di un provvedimento di tal fatta non impedisce di ritenere che un affidamento ad altri vi sia stato. Infatti la norma è diretta a tutelare l’integrità psicofisica dell’infante. Bisogna quindi guardare la «situazione concreta ed effettiva in cui la madre e il figlio si trovano, cosicché la veste giuridica eventualmente assunta da tale situazione fattuale è irrilevante». Nel caso specifico, Magistrato e Tribunale di Sorveglianza hanno individuato specifiche circostanze in base alle quali hanno ritenuto che la bimba fosse affidata ad altre persone. Tra gli altri elementi, rileva anche il fatto che il convivente, cui sarebbe stata affidata la bimba, quando è andato a trovare in carcere la donna con la sua figlia più grande, non si è mai presentato con la neonata. Per queste ragioni la Corte rigetta il ricorso.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Madre detenuta: di fatto non aveva in affidamento la figlia di 6 mesi, no al differimento dei 4 anni di carcere
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venerdì 4 ottobre 2013
Madre detenuta: di fatto non aveva in affidamento la figlia di 6 mesi, no al differimento dei 4 anni di carcere
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