mercoledì 4 settembre 2013

Non riconosciuto in Austria il decreto ingiuntivo italiano

Non riconosciuto in Austria il decreto ingiuntivo italiano

Da una disamina di alcuni provvedimenti emessi all'estero che interessano imprese italiane appare utile segnalare quanto segue.
Un tribunale italiano ha recentemente emesso un decreto ingiuntivo contro una società austriaca con l’ingiunzione di pagare con effetto immediato, a beneficio di un operatore italiano, una somma pari, nella fattispecie, a oltre € 2,5 milioni.

Tuttavia, secondo la Suprema Corte austriaca tempestivamente investita del caso dalla impresa locale, il decreto ingiuntivo italiano emesso inaudita altera parte (ossia senza l’instaurazione del  contradditorio) non può essere ricondotto al concetto di “judgement”  di cui dall’articolo 32 del Regolamento europeo 44/2001 e, pertanto, non  può essere riconosciuto dallo Stato straniero nel quale dovrebbe essere posto in esecuzione.


Tale regolamento, come noto, disciplina la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e, nello specifico, l’articolo 32 richiamato dal giudice austriaco sancisce che per decisione si intende “qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro, quale ad esempio decreto, sentenza, ordinanza o mandato di esecuzione.”


La Corte austriaca sottolinea come il provvedimento reso dal giudice italiano in seguito a un giudizio di opposizione al decreto, sarebbe stato riconosciuto senza esitazioni  in quanto emanato a seguito dell’instaurazione del contradditorio attraverso il quale la società austriaca avrebbe potuto esercitare il diritto di difesa.

Sullo stesso piano va posto il caso nel quale l’ingiunto – ritualmente notificato - non proponga opposizione al decreto nei termini di legge e di conseguenza lo stesso divenga definitivo.

Il giudice austriaco, per giustificare il diniego al riconoscimento del decreto ingiuntivo italiano, richiama la pronuncia della Corte Europea Denilauler v Couchet Frères, case125/79, 1980, 1553, la quale, nella fattispecie, ha reso una precisa disamina in ordine alla Brussel Regulation del 1968, poi trasfusa nella Brussel I Regulation del 2001.

In quel caso, un creditore francese si rivolge al suo giudice nazionale chiedendo l’emissione di un’ordinanza di sequestro conservativo sul conto del debitore presso una banca di Francoforte in Germania, a garanzia del credito. In conformità al diritto francese, il sequestro conservativo non necessita della notifica al debitore prima dell’esecuzione. La questione sottoposta alla Corte è sorta nell’ambito di un procedimento instauratosi dinanzi al giudice tedesco per ottenere l’apposizione della formula esecutiva all’ordinanza francese e la contemporanea emissione di un provvedimento di pignoramento delle somme presso l’istituto di credito ( “pfandungsbeschluss” ).

Il sequestro fu eseguito senza preventiva notifica al debitore che veniva effettuata con provvedimento successivo al pignoramento.

Nella descritta situazione il debitore proponeva tempestiva opposizione dinanzi al giudice tedesco il quale, a sua volta, rimetteva la questione alla Corte Europea.


La pronuncia del giudice europeo ha posto in evidenza, in materia di riconoscimento di provvedimenti resi inaudita altera parte, due possibili interpretazioni.

La prima, riconosce che lo scopo specifico di tali provvedimenti è quello di provocare un effetto sorpresa destinato a salvaguardare i diritti della parte istante impendendo all’altra di sottrarre strumentalmente a garanzia del creditore i beni di cui dispone. Sulla scorta di tale assunto la pretesa che il riconoscimento di detti provvedimenti sia subordinato a previa notifica equivarrebbe a privarli di significato.

La seconda, pur prendendo atto che la previa notifica elimina l’effetto sorpresa e toglie a queste decisioni la loro portata pratica ritiene – nondimeno - che questa conseguenza sia meno grave della violazione del diritto di difesa a danno di operatori che dispongono di beni in altri Stati contraenti.

Il giudice europeo, pertanto, ha accolto la teoria secondo la quale le disposizioni circa il riconoscimento dei provvedimenti stranieri, “esprimono l’intenzione di aver cura che, nell’ambito degli obiettivi della convenzione stessa, i procedimenti conducenti all’adozione di decisioni si svolgano nel rispetto dei diritti di difesa”.

La Corte si richiama essenzialmente ai provvedimenti cautelari e/o di urgenza  che, prima del momento in cui il loro riconoscimento e la loro esecuzione siano richiesti in uno Stato diverso da quello di origine, non sono stati preceduti in detto Stato d’origine, in conformità alle normative di quest’ultimo, da una istruttoria in contradditorio tra le parti o, in ogni caso, da previa notifica alle parti legittimate a tal fine.

Il caso prospettato rappresenta indubbiamente una chiave di lettura specifica da tenere in debita considerazione nei casi nei quali si prospetta, per l’operatore italiano, la necessità di intraprendere procedure più rapide rispetto ai giudizi ordinari nei confronti di altri operatori in ambito comunitario.

Fonte: ilsole24ore


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