lunedì 26 agosto 2013

Peculato per il portalettere che si appropria dei bollettini contro assegno

Peculato per il portalettere che si appropria dei bollettini contro assegno

Corte di cassazione - Sezione VI penale - Sentenza 26 agosto 2013 n. 35512
   
Peculato per il portalettere che avendo la disponibilità di pacchi contro assegni si appropria dei relativi bollettini di spedizione e dei rispettivi importi. A nulla conta poi la trasformazione dell’ente in società per azioni di diritto privato, continuando il postino ad esercitare un pubblico servizio. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 35512/2013, bocciando il ricorso del postino.

La Suprema corte, infatti, ricorda di aver chiarito, a  Sezioni Unite, il principio di diritto per cui “la qualifica di pubblico ufficiale - ai sensi dell’art. 357 c.p., come novellato dalle leggi n. 86 del 1990 e n. 181 del 1992 deve essere riconosciuta a quei soggetti che, pubblici dipendenti o ‘semplici privati’, quale che sia la loro posizione soggettiva, possono e debbono, nell’ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, esercitare, indipendentemente da formali investiture, poteri autoritativi, deliberativi o certificativi, disgiuntamente e non cumulativamente considerati”.

“Principio - prosegue la sentenza - che non può che essere riferito anche all’incaricato di pubblico servizio, come più volte ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità e affermato in relazione ai dipendenti di enti trasformati in società commerciali. A tale principio di diritto si è correttamente attenuta la sentenza impugnata che ha richiamato specificamente la giurisprudenza relativa al portalettere, da qualificare incaricato di pubblico servizio”.

La Suprema corte chiarisce poi che il tempo “necessario a prescrivere” il reato è quello previsto dall’art.157 c.p.p., nel testo anteriore alla novella 2005 - poiché la condanna in primo grado è intervenuta il 7 ottobre 2005, in epoca anteriore all’entrata in vigore delle nuove regole ex lege n. 251 del 2005.

Infatti: “È ormai diritto vivente, riaffermato anche dalle Sezioni unite, che ai fini dell’operatività delle disposizioni transitorie della nuova disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di primo grado, indipendentemente dall’esito di condanna o di assoluzione, determina la pendenza in grado d’appello del procedimento, ostativo all’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli”. Ciò comporta che il delitto di peculato si estingue per prescrizione in dieci anni ex art. 157 c.p. (ante novella), poiché per esso la legge stabilisce la pena massima di dieci anni dl reclusione diminuita di un giorno per l’applicazione delle attenuanti generiche.

Fonte: ilsole24ore

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