martedì 6 gennaio 2015

“Sei pazzo...”: contesto e linguaggio rendono meno grave l’espressione

Dal vocabolario ‘Treccani’: ‘pazzo’, ossia «malato di mente (...) chi è o sembra fuori di sé». Nessun dubbio è possibile, quindi, sulla carica offensiva dell’espressione ‘pazzo’. Eppure, nonostante ciò, se il contesto – in cui è stata pronunciata il fatidico termine – è assai conflittuale, e la parola è caratterizzata da un evidente tono interrogativo, allora è possibile considerare nulla la lesione dell’onore della persona apostrofata come “pazzo” (Cassazione, sentenza 50969/14).

Il caso

Sfogo verbale di una donna nei confronti dell’ex marito di un’amica, resosi responsabile di azioni non proprio corrette nei confronti della ex coniuge. Proprio alla luce della «situazione di conflittualità» all’interno della coppia, la donna, per difendere le ragioni dell’amica, si rivolge in malo modo nei confronti dell’uomo: più precisamente, la frase incriminata è «Ma tu sei pazzo, chi sei tu?». L'episodio è sufficiente, sancisce il Giudice di pace, per condannare la donna «alla pena di 258 euro di multa». Ciò perché è evidente, in sostanza, la «lesione dell’onore» dell’uomo. Di avviso opposto, invece, i giudici della Cassazione, i quali, a sorpresa, demoliscono la linea accusatoria, ritenendo legittime le obiezioni mosse dalla donna. Che, a propria difesa, ha richiamato il contesto dell’episodio – è acclarato che «la frase è stata pronunciata nei locali della caserma dei Carabinieri, ove la sua amica si era recata a sporgere denuncia nei confronti del coniuge separato, per reati commessi nei suoi confronti, nell’ambito di un rapporto di conflittualità originato da un provvedimento del Tribunale per i minorenni che limitava il diritto dell’uomo di incontrare i figli» –, e il fatto che la «parola pazzo» sia entrata «ormai nel linguaggio parlato di uso comune, tanto da divenire espressione, sintetica ed efficace, rappresentativa di un comportamento fuori dalla buona educazione e dalle righe della pacata discussione». Ebbene, per i giudici è necessario ‘pesare’ le parole, perché il loro «significato» dipende «dall’uso che se ne fa e dal contesto comunicativo» in cui sono inserite. Ciò ancor di più oggi, in una società in cui «l’utilizzo di un linguaggio più disinvolto, più aggressivo, meno corretto» rispetto al passato «caratterizza anche il settore dei rapporti tra i cittadini».

Però, in questo caso, nonostante l’evidente «carica offensiva dell’espressione ‘pazzo’», non si è concretizzato un «oggettivo giudizio di disvalore sulle qualità personali» dell’uomo, anche tenendo presenti il «contesto di conflittualità» e la «forma interrogativa» adoperata dalla donna. Ciò conduce, in conclusione, a ritenere non sussistente una «comunicazione offensiva», lesiva cioè della «reputazione» della persona apostrofata come pazzo. E consequenziale è l’azzeramento, definitivo, di ogni accusa nei confronti della donna.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - “Sei pazzo...”: contesto e linguaggio rendono meno grave l’espressione

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