La separazione non può essere addebitata a chi tradisce e lascia casa perché non ha da tempo rapporti sessuali con il coniuge.
A questa conclusione che è segno di civiltà e rispetto per i diritti umani, è giunta la Corte di cassazione che, con l'ordinanza 27771 del 2022, ha accolto il ricorso di un uomo che, dopo l'assenza di rapporti sessuali con la moglie, aveva intrattenuto una relazione extraconiugale.
A pesare sulla bilancia della giustizia è stato il principio generale secondo cui “in tema di separazione, grava sulla parte che richieda l'addebito l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l'efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza”. Ma c'è di più. Grava sulla parte che richieda, per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà.
Nel caso concreto, la Corte d'appello, nello stabilire che lui non sarebbe riuscito a provare le “pluriformi alternative in un lunghissimo tempo della crisi irreversibile della coppia”, alternative, si intende, alla relazione extraconiugale, finisce col porre a carico del medesimo, in violazione dell'articolo 2697 del codice civile, l'onere di provare la causa della rottura della crisi coniugale, in contrasto con i principi in vigore.
Insomma, la Corte di merito perviene, peraltro, del tutto incongruamente alla conclusione che, “attesa la contestualità tra la relazione instaurata da lui con la nuova persona e la separazione da lui annunciata alla moglie”, la separazione fosse allo stesso addebitabile.
In altri termini, il professionista era stato inchiodato, sull'infedeltà, dalla relazione di un investigatore privato ingaggiato dalla moglie. Tuttavia, l'uomo si era difeso sostenendo che la moglie non aveva da tempo rapporti con lui. Lei lo aveva ammesso. La tesi non ha fatto breccia presso i giudici di merito che hanno confermato l'addebito a carico di lui. Ora la Suprema corte ha ribaltato la decisione rispolverando l'importanza della tutela della sfera sessuale.
Adesso gli atti ritorneranno alla Corte d'Appello di Milano, la quale è stata invitata dai giudici di legittimità a rivedere la propria posizione e a celebrare un nuovo appello.
fonte:italiaoggi.it