martedì 11 agosto 2020

Marito separato torna a vivere nella casa coniugale: è riconciliazione

Si considera riconciliazione, ai sensi dell’art. 157 c.c., la ripresa della convivenza da parte dei coniugi separati, durata otto anni. Rilevano la comunione di vita e la ripresa di relazioni rilevanti incompatibili con lo stato di separazione.
Non conta che i coniugi non dormano insieme, che la moglie percepisca il mantenimento concordato e che il marito abbia una relazione con un’altra donna.
La Corte di Cassazione con l'ordinanza 18 ottobre 2019 - 16 giugno 2020, n. 11636  ha confermato l’improcedibilità della domanda di divorzio per mancanza del presupposto dell’ininterrotta separazione, avendo considerato riconciliazione il ritorno del marito nella casa coniugale protrattosi per otto anni.

Il caso
Dopo la separazione consensuale omologata con decreto del giugno 2003, i coniugi avevano convissuto nell'immobile adibito a casa coniugale dal 2004 al 2012, con entrambi i figli. La Corte d’appello di Milano aveva dichiarato improcedibile la domanda del marito per ottenere il divorzio, confermando la decisione del tribunale di merito.
Secondo la ricostruzione dei fatti in giudizio, l’uomo, dopo la separazione, aveva convinto la donna a rientrare con i figli nell'abitazione coniugale.
Per ben otto anni i coniugi avevano fatto vita comune, trascorrendo le vacanze insieme, recandosi insieme a far visita ai parenti e ricevendo questi ultimi nella loro abitazione.
Secondo l’uomo si era trattata di mera coabitazione volta a facilitare il rapporto con i figli, precisando che i coniugi dormivano in letti separati.
Tale convivenza post separazione era finita nel 2012 quando la moglie si era stancata delle promesse del marito di interrompere la relazione extraconiugale con un’altra donna, dalla quale l’uomo aveva pure avuto una figlia dallo stesso riconosciuta.
Secondo la Corte territoriale la riconciliazione, ai fini di cui all'art. 157 c.c., “implica la ricostituzione del consorzio familiare attraverso la ricomposizione della comunione coniugale di vita, ossia la ripresa di relazione reciproche oggettivamente rilevanti, che si siano concretizzate in un comportamento inequivoco, incompatibile con lo stato di separazione”.


Irrilevanza della corresponsione del mantenimento e della sussistenza di una relazione extra coniugale
L’uomo ricorre in Cassazione ritenendo errata la valutazione dei giudici di merito, i quali non avrebbero considerato alcuni fatti decisivi:
-la moglie aveva percepito in ogni caso il mantenimento concordato in separazione;
-le parti avevano depositato domanda congiunta di modifica delle condizioni di separazione;
-l’uomo aveva ricevuto una lettera da un avvocato come difensore della donna, che lo invitava a valutare l'opportunità di presentare un ricorso congiunto per lo scioglimento del matrimonio.
Tutte queste circostanze, secondo la Corte, sono state correttamente esaminate e ritenute ininfluenti e non incompatibili con la riconciliazione.
Secondo il ricorrente, inoltre, sarebbe stato dato rilievo alla mera coabitazione mentre era manifesta l’esclusione del dovere di fedeltà, avendo l’uomo, un’altra relazione.
La Cassazione ha considerato privi di decisività ai fini della riconciliazione, sia il fatto che i coniugi dormissero in letti separati o che si concedessero vacanze separate, sia che il ricorrente avesse una relazione extraconiugale, che è stata la causa della cessazione della ripresa convivenza.
Irrilevante anche la circostanza che dalla relazione fosse nata una bambina, anche riconosciuta dal ricorrente.
Infine, quanto all’aspetto probatorio, la Cassazione ribadisce che l’onere di dimostrare l’intervenuta riconciliazione grava sulla parte convenuta nel giudizio di divorzio (Cass. Civ. 19 novembre 2010, n. 23510).
Il ricorrente avrebbe soltanto dovuto richiedere prove contrarie a quelle ammesse per contestare la riconciliazione, richiesta che non è avvenuta tempestivamente nel caso di specie.

fonte:www.altalex.com

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