giovedì 16 gennaio 2020

Cartella esattoriale del credito contributivo si prescrive in 5 anni

L’Agenzia delle Entrate-riscossione deve riscuotere i contributi non pagati dai lavoratori autonomi, entro cinque anni, altrimenti il credito si prescrive.
E’ quanto chiarito dalla Cassazione Civile, Sez. VI - Lavoro, nell’ordinanza 9.12.2019, n. 32077 

Il fatto
Nella vicenda in esame, la Corte territoriale aveva confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva accolto l'opposizione all’intimazione di pagamento avente ad oggetto crediti previdenziali dovuti da un lavoratore autonomo, rilevando l’avvenuta prescrizione dei crediti suddetti, dopo la notifica delle cartelle sottese all'intimazione.
Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle entrate-riscossione, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2946 c.c., del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49 e del D. Lgs. n. 46 del 1999, art. 17, in quanto la Corte territoriale aveva considerato applicabile, per il calcolo della prescrizione del credito esattoriale, il termine breve quinquennale, di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, senza valutare, secondo la ricorrente, l'effetto novativo conseguente alla notifica delle cartelle di pagamento, che, invece, comporterebbe l'applicabilità del termine lungo decennale.
La decisione
La Cassazione ha rigettato la suddetta, unica censura, ritenendola inammissibile, in quanto, il giudice di merito aveva risolto le questioni contestate in modo conforme alla giurisprudenza consolidata della Corte di legittimità. A tal riguardo, assume rilievo il principio di diritto, già richiamato dalla Corte territoriale ed enunciato a Sezioni Unite nella sentenza n. 23397 del 17/11/2016, in virtù del quale, la scadenza del termine per impugnare la cartella di pagamento di cui al D. Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, determina l’irretrattabilità del credito contributivo senza che il termine prescrizionale breve, quinquennale, venga convertito in quello ordinario, decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c. Sulla scorta di tale dictum, la Suprema Corte ha precisato che, Inoltre, quest’ultima disposizione, si applica solo nei casi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, ma, nella controversia in esame, la cartella esattoriale avendo natura di atto amministrativo, non può acquistare efficacia di giudicato. Oltre a ciò, la circostanza che l'Agenzia delle Entrate sia subentrata come nuovo concessionario, non comporta il cambiamento della natura del credito, che resta assoggettato alle norme dettate per il regime prescrizionale, per cui, in mancanza di un titolo giudiziale definitivo, si applica nei confronti del creditore, la disciplina relativa alla prescrizione breve, prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all'art. 2946 c.c., che prevede l’applicazione del termine decennale.
Alla luce delle predette argomentazioni, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità.

fonte: www.altalex.it

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