sabato 19 maggio 2018

Abusiva occupazione di alloggi popolari non è reato se c'è un minore malato

L'occupazione arbitraria di un appartamento di proprietà comunale deve ritenersi scriminata dalla causa di giustificazione dello stato di necessità quando la condotta illecita appare necessaria per evitare il concretizzarsi di un pericolo attuale di un danno grave alla persona, tenendo conto anche delle esigenze di tutela dei diritti dei terzi coinvolti. Ciò non si verifica se l'esigenza di chi invade è quella di reperire un alloggio per risolvere i propri problemi abitativi, ma si configura, invece, quando l'indisponibilità sopravvenuta di altri luoghi da adibire ad abitazione possa pregiudicare lo stato di precaria salute del figlio minore. Questo è quanto si desume dalla sentenza 1381/2017 del Tribunale di Frosinone.
I fatti - La vicenda prende le mosse da una ispezione effettuata dalla Polizia locale di un comune frusinate presso alcune abitazioni popolari, all'esito della quale era emerso che una giovane coppia, assieme al loro figlio minore versante in cattive condizioni di salute, in assenza di autorizzazione aveva occupato una delle case di proprietà del Comune, nonostante questa fosse già stata assegnata ad altra persona. Di qui il decreto penale di condanna per il reato di “Invasione di terreni o edifici” previsto dall'articolo 633 c.p. e il successivo giudizio immediato in esito all'opposizione, dove la difesa dei coniugi chiedeva di ritenere scriminata l'occupazione arbitraria dell'appartamento, ai sensi dell'articolo 54 c.p. che disciplina lo stato di necessità. Per gli imputati, infatti, l'occupazione dell'immobile era la conseguenza della «improrogabile urgenza ed emergenza di procurarsi un alloggio», a causa della precaria situazione igienico-sanitaria in cui versava l'alloggio dove gli stessi abitavano, che era stato dichiarato inagibile, nonché a causa delle precarie condizioni di salute del piccolo affetto da “bronchiti asmatiformi ricorrenti”.
La decisione - Il Tribunale accoglie questa tesi e assolve la coppia con la formula “il fatto non costituisce reato”, ritenendo per l'appunto configurata nella fattispecie la causa di giustificazione dello stato di necessità. Il giudice parte dalla certezza del fatto storico, ovvero dell'illecita occupazione dell'appartamento, così come risultante dalla documentazione della Polizia, e valorizza, al fine di mandare assolti gli imputati, il duplice profilo dell'esigenza abitativa degli stessi e dello stato di malattia del figlio minore. Il Tribunale ricorda, infatti, come ormai la giurisprudenza è costante nel ritenere che l'occupazione arbitraria di un appartamento di proprietà comunale «ricada nell'ambito operativo dell'art. 54 c.p. solo qualora ricorra un pericolo attuale di un danno grave alla persona, non coincidendo la scriminante dello stato di necessità con l'esigenza dell'agente di reperire un alloggio e risolvere i propri problemi abitativi». E ciò ovviamente vale «sempre che ricorrano, per tutto il tempo dell'illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, quali l'assoluta necessità della condotta e l'inevitabilità del pericolo», tenendo anche conto «delle esigenze di tutela dei diritti dei terzi, involontariamente coinvolti, diritti che non possono essere compressi se non in condizioni eccezionali e chiaramente comprovate».
Ciò posto, nel caso di specie l'occupazione dell'immobile è avvenuta sulla spinta non di un generico stato di disagio abitativo, bensì sulla scorta di una effettiva urgenza di procurarsi un alloggio, dopo che la vecchia abitazione era stata dichiarata inagibile dalle autorità sanitarie preposte e, soprattutto, in considerazione della patologia del figlio minore grave e non transitoria che induce a ritenere la sussistenza del pericolo attuale di un danno grave alla sua integrità.

fonte: Cassa Forense - Dat Avvocato

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