lunedì 19 marzo 2018

L'assegno «una tantum» richiede il controllo del giudice del divorzio

Solo l'assegno divorzile può essere una tantum in quanto l'accordo sulla sua corresponsione richiede sempre una verifica di natura giudiziale. È questo il principio ribadito dall'ordinanza della Cassazione 4764 del 28 febbraio 2018 (prima sezione civile, relatore Tricomi). La Corte d'appello Genova aveva confermato il giudizio del Tribunale per il quale l'impegno all'acquisto di un immobile deciso in sede di separazione a favore della moglie poteva essere letto come “capitalizzazione una tantum” ex articolo 5 della legge sul divorzio. La Cassazione, invece, ha rinviato il caso all'appello per il riesame sulla base del principio di cui sopra: le pattuizioni del momento separativo devono considerarsi assolutamente diverse e autonome rispetto a quelle del divorzio.
La duplicità dell’assegno di divorzio
Secondo la prima sezione, infatti, non può che considerarsi come costituisca «approdo indiscusso la differente natura giuridica che connota l'assegno divorzile periodico – previsto dal comma 6 dell'articolo 5 della legge sul divorzio – rispetto all'assegno divorzile corrisposto in una unica soluzione – previsto al comma 8 della medesima legge». Sul tema , inoltre, è intervenuta più volte la Corte costituzionale con le ordinanze 383 del 2001 e 113, del 2007, per le quali «le due suddette forme di adempimento (assegno periodico e una tantum, ndr) pur avendo entrambe la funzione di regolare i rapporti patrimoniali derivanti dallo scioglimento o dalla cessazione del vincolo matrimoniale, hanno connotazioni giuridiche e di fatto diverse, tali da legittimare il legislatore a provvedere, nella sua discrezionalità, diversi regimi fiscali».
La natura transattiva dell’assegno
Sempre la Consulta ha poi affermato come l'assegno versato una tantum sia «liberamente concordato dalle parti, sia pure con soggezione al controllo di equità da parte del giudice e ciò al fine di fissare un definitivo e complessivo assetto degli interessi personali familiari e patrimoniali dei coniugi, tale da precludere ogni successiva domanda di contenuto economico». L'assegno una tantum ha, dunque, una peculiare natura “transattiva” o “novativa” oltre che aleatoria e per la sua valenza deve ottenere il placet giurisdizionale.
Di conseguenza, conclude la Cassazione in commento, «l'accordo in questione (una tantum, ndr) non può collocarsi al di fuori del giudizio di divorzio in quanto una preventiva pattuizione, anche in sede di separazione, potrebbe condizionare il consenso alla dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di guisa che la stessa risulta invalida per illiceità della causa, perché stipulata in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale di cui all'articolo 160 del Codice civile».
Non potrà quindi mai trovare conferma alcuna sentenza che vada ad attribuire «alla previsione contenuta negli accordi di separazione consensuale omologati, il valore di una preventiva pattuizione anche sul quantum della obbligazione divorzile».

fonte: Cassa Forense - Dat Avvocato

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