mercoledì 21 febbraio 2018

Straining: non è mobbing, ma è comunque risarcibile

Lo stress forzato inflitto al lavoratore dal superiore gerarchico configura una «forma attenuata di mobbing» definita straining, che giustifica la pretesa risarcitoria ai sensi dell’art. 2087 c.c. (Tutela delle condizioni di lavoro).
Così ha affermato la Corte di Cassazione con ordinanza n. 3977/18, depositata il 19 febbraio.
Il caso. La Corte d’Appello di Brescia rigettava l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza del Tribunale della medesima città con cui veniva parzialmente accolta la domanda di risarcimento avanzata da un’insegnante nei confronti del dirigente scolastico che l’aveva dichiarata inidonea all’insegnamento ed assegnata alla segreteria scolastica.
La Corte sottolineava infatti che le condotte poste in essere dal dirigente scolastico nei confronti della dipendente, tra cui la sottrazione degli strumenti di lavoro ed infine la privazione di ogni mansione, costituissero un’ipotesi di straining, ossia uno stress forzato ed inflitto alla vittima dal superiore gerarchico.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello, il Ministero ricorre per cassazione denunciando che lo straining non costituisca una categoria giuridica, essendo un fenomeno controverso anche all’interno della medicina legale.
Lo straining. Il Supremo Collegio nega che il Giudice di merito errato nell’utilizzare la nozione di straining anziché quella di mobbing, «perché lo straining altro non è se non “una forma attenuata di mobbing nella quale non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie” azioni che, peraltro, ove si rivelino produttive di danno all’integrità psico-fisica del lavoratore, giustificano la pretesa risarcitoria fondata sull’art. 2087 c.c.».
Difatti la Corte d’Appello ha correttamente applicato tale principio, evidenziando altresì che «la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. sorge, pertanto, ogniqualvolta l’evento dannoso sia eziologicamente riconducibile ad un comportamento colposo, ossia o all’inadempimento di specifici obblighi legali o contrattuali imposti o al mancato rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede, che devono costantemente essere osservati anche nell’esercizio dei diritti».
Pertanto la Corte rigetta il ricorso confermando così il diritto al risarcimento per l’insegnante.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it/Straining: non è mobbing, ma è comunque risarcibile - La Stampa

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