giovedì 17 agosto 2017

Cassette di sicurezza violate, la banca deve risarcire quanto denunciato dal cliente

Nel contenzioso per il risarcimento da furto nella cassetta di sicurezza il giudice può basarsi anche solo sul giuramento estimatorio del cliente danneggiato. La banca, dal canto suo, non può opporre clausole di limitazione del valore e neppure contestare al cliente di non aver dichiarato – prima del furto ovviamente – oggetti e valori depositati nella cassetta.
La Cassazione – Prima civile, sentenza 18637 depositata il 27 luglio scorso – torna ancora una volta su un tema comprensibilmente molto sentito da chi si affida alla custodia bancaria. Il caso, riattualizzato dal ricorso di legittimità, risale a un episodio avvenuto ben 23 anni fa in un istituto di Torre Annunziata. Ignoti, approfittando di una serie di “sviste” da manuale (dalla abituale disattivazione del sistema di allarme alla porta del caveau “sistematicamente lasciata aperta”) avevano trafugato oro, gioielli e valuta dalla cassetta – tra le altre – di una signora. La quale, vistasi negare il risarcimento dal tribunale locale, che aveva generosamente riconosciuto l'esistenza del “caso fortuito”, aveva ottenuto soddisfazione dalla Corte d'appello che aveva ingiunto alla banca di pagare l'intero importo richiesto – l'equivalente di 1 miliardo di lire. L'istituto nel lungo ricorso in ultimo grado contestava invece, tra l'altro, la mancata considerazione del patto limitativo della responsabilità (più correttamente, l'aver ignorato la soglia pattizia di valore del risarcimento), la mancata “informativa” circa le sostanze affidate in custodia e, soprattutto, la qualificazione del giuramento (estimatorio) della parte lesa sul punto delle cose “volatilizzatesi” per mano ignota.
Secondo la banca si trattava di un giuramento suppletorio, anche perché la cliente non aveva mai informato circa l'elevato valore dei beni lasciati in custodia. La Prima civile però, nel solco di precedenti ormai consolidati, ha ribadito che la prova, in questi casi, non può che essere indiziaria: il contratto di custodia infatti si limita a individuare il comportamento – che deve essere molto diligente – del custode, ma nulla prevede sulla segretezza di cui il cliente beneficia, che è notoriamente intangibile e che resta fuori dalle obbligazioni contrattuali. E pertanto l'elencazione dettagliata e tempestiva dei beni presentata dalla cliente – e del loro valore –può essere liberamente apprezzata dal giudice anche come unico elemento “decisivo” nella questione del risarcimento. Ogni patto limitativo della responsabilità, aggiunge la Corte, vìola la regola generale del codice civile (articolo 1229, “È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave”).
Ulteriore ma non ultima postilla: per la Cassazione l'adeguatezza delle misure “anti-intrusione” adottate dalla banca non si valuta in astratto (ex ante) ma…a frittata fatta, prendendo in considerazione tutto quello che era solito avvenire nelle “segrete” stanze.

Fonte:Cassa Forense - Dat Avvocato

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