Ieri, 17 maggio, l’Aula della Camera ha approvato, in quarta lettura ed in via definitiva (con 432 voti favorevoli, nessuno contrario ed un solo astenuto), la tanto attesa Legge sul cyberbullismo, contenente “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno”.
La Presidente Laura Boldrini, nel discorso tenuto prima di dare il via alla votazione del provvedimento, rivolgendosi a Paolo Picchio (padre di Carolina, prima vittima riconosciuta di cyberbullismo in Italia, morta suicida a soli 14 anni), pure presente a Montecitorio, ha dedicato la Legge alla giovane ed a tutte le altre vittime di tale drammatico fenomeno.
Nel merito, la versione definitiva del testo elaborato dalla Senatrice PD Elena Ferrara (e definito da molti tra gli stessi deputati “una buona legge, ma non la migliore legge possibile”, da altri come “un punto di partenza”) ricalca integralmente quella approvata lo scorso 31 gennaio, in terza lettura, dal Senato della Repubblica.
Il Relatore, Paolo Beni, ha infatti evidenziato come le Commissioni Giustizia ed Affari Sociali della Camera abbiano convenuto all’unanimità, “dopo un’attenta valutazione”, di non apportare modifiche al testo licenziato dal Senato, “anche al fine di evitare il ricorso ad una quinta lettura e garantire così un più rapido iter della proposta di legge”.
L’obiettivo dichiarato, infatti, era quello di approvare la Legge (che, ricordiamolo, si limita a dettare disposizioni in tema di cyberbullismo e non è, dunque, né allargata al bullismo, né estesa ai maggiorenni) prima dell’inizio del prossimo anno scolastico, così da assicurare “qualche strumento in più di tutela per i ragazzi”, evitando di iniziare con un vuoto legislativo ancora da colmare.
La Legge in argomento, va ancora rammentato, prevede l’adozione di azioni a carattere preventivo, che puntano all’educazione dei minori attraverso un uso responsabile e consapevole dei nuovi media (a partire dalla scuola, luogo principale di formazione, di inclusione e accoglienza)e mirano a favorire una maggiore consapevolezza tra i giovani quanto al disvalore di comportamenti persecutori in danno di vittime in situazioni di particolare fragilità, evitando tuttavia, al contempo (sono parole del Relatore), “inopportune derive repressive”.
Per tali ragioni, diversamente rispetto alla prima versione approvata dalla Camera lo scorso 20 settembre 2016, sono spariti dal testo i richiami, ivi contenuti, a strumenti di natura penale.
Come forse si rammenterà, infatti, il testo approvato in seconda lettura dalla Camera lo scorso settembre prevedeva l’introduzione, nel Disegno di Legge, dell’articolo 8 (assente nella prima versione approvata dal Senato), in cui veniva prevista una specifica aggravante per il reato di stalking (o atti persecutori) cui all’art. 612 bis del Codice Penale.
Tale aggravante sarebbe divenuta operante nel caso in cui il fatto fosse commesso attraverso strumenti informatici o telematici o utilizzando tali strumenti mediante la sostituzione della propria all’altrui persona e l’invio di messaggi o la divulgazione di testi o immagini, ovvero mediante la diffusione di dati sensibili, immagini o informazioni private, carpiti attraverso artifici, raggiri o minacce o comunque detenuti, o mediante la realizzazione o divulgazione di documenti contenenti la registrazione di fatti di violenza e di minaccia.
Pena prevista, la reclusione da uno a sei anni.
Infine, veniva disposta la confisca obbligatoria per gli strumenti informatici o telematici che fossero risultati essere stati utilizzati per tali fattispecie di stalking telematico.
E’ tuttavia, condivisibilmente, prevalsa la linea di pensiero che ha riportato il testo della Legge ad una impostazione più “prevenzionista” che repressiva: in caso contrario, infatti, si sarebbe, di fatto, snaturato il senso e lo spirito del provvedimento in questione, ispirato ad un “diritto mite”, per come era stato immaginato dai suoi promotori e promulgatori.
Art. 1: finalità e definizione normativa
Nello specifico, nella Legge in commento, l’art. 1, comma 1, individua i propri (sopra già sintetizzati) obiettivi e finalità, nonché i soggetti (i minori di età, per intendersi) per la tutela dei quali essa vuole approntare “apposite azioni a carattere preventivo”.
Nel secondo comma, il testo normativo fornisce finalmente una definizione del termine “cyberbullismo”, che comprende in sè, stando al tenore letterale della norma:
a) “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica”;
b) nonché la “diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
Per inciso, pare doveroso in proposito rilevare, quale “nota stonata”, il fuorviante riferimento, nel comma della norma appena citato, ai comportamenti ingiuriosi, essendo il reato di ingiuria stato recentemente depenalizzato: sarebbe stato certamente più corretto espungere del tutto detto inciso dalla frase.
Art. 2: istanze a tutela della dignità del minore
Con il successivo art. 2 il legislatore ha invece ribadito la propria intenzione di agevolare la rimozione di contenuti che ledano la dignità del minore da siti internet e da social network e di accelerare il blocco dei siti o dei profili sulla base delle segnalazioni inviate anche dagli adolescenti, che sino ad oggi non potevano sporgere denuncia autonomamente.
Ciò perché, effettivamente, una parte consistente degli effetti negativi del cyberbullismo consiste proprio nell’amplificazione della risonanza di un fatto o un avvenimento che solo il web permette.
È pertanto stato disposto che tanto il minore ultraquattordicenne vittima di atti di cyberbullismo, quanto il genitore o colui che ne esercita la responsabilità possa chiedere al gestore del sito internet o del social media, ovvero al titolare del trattamento, l'oscuramento, la rimozione, il blocco di qualsiasi dato personale del minore, nonché dei contenuti diffusi in rete, se rientranti nelle condotte di cyberbullismo, previa conservazione dei dati originali.
Se il gestore non provvede all'esecuzione della richiesta entro 48 ore, chiunque sia interessato può rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali, che deve intervenire direttamente entro le 48 ore successive al ricevimento della richiesta.
Si può osservare a caldo, in proposito, che nella fattispecie il legislatore, pur munito di lodevoli intenti, ha tuttavia circoscritto la portata della condotta incriminatrice alle sole vittime ultraquattordicenni, così inopinatamente escludendo, in modo non condivisibile, tutte le fasce d’età inferiori ai 14 anni, entro le quali, al contrario, si trova un numero sempre più elevato di vittime di episodi di bullismo e cyberbullismo.
Art. 3: tavolo tecnico, piano di azione integrato, campagne informative
L’art. 3 prevede, invece, l’istituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della Legge, di un apposito tavolo tecnico, atto:
1) a predisporre un “piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo” (da predisporsi, a sua volta, entro sessanta giorni dall’insediamento del suddetto tavolo), di cui faranno parte rappresentanti ministeriali, nonché esponenti: a) della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; b) dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; c) del Garante per l’infanzia e l’adolescenza; d) del Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori; e) del Garante per la protezione dei dati personali; f) di associazioni con comprovata esperienza nella promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti e nelle tematiche di genere; g) degli operatori che forniscono servizi di social networking e degli altri operatori della rete internet; h) una rappresentanza delle associazioni studentesche e dei genitori; i) una rappresentanza delle associazioni attive nel contrasto del bullismo e del cyberbullismo;
2) a realizzare un sistema di raccolta di dati finalizzato al monitoraggio del fenomeno del cyberbullismo.
L’articolo in commento prevede, ancora, che il piano di azione integrato di cui sopra preveda iniziative di informazione e di prevenzione rivolte ai cittadini, ed inoltre che la Presidenza del Consiglio dei Ministri predisponga periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sull’argomento, con il supporto dei principali media e degli organi di comunicazione e di stampa e di soggetti privati.
Art. 4: linee guida e referente scolastico
Ai fini della prevenzione e del contrasto del fenomeno in ambito scolastico, l’art. 4 prevede, anzitutto, che il MIUR, di concerto con il Ministero della Giustizia, adotti, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge, avvalendosi anche della collaborazione della polizia postale, apposite linee guida, definite “linee di orientamento”, da aggiornare ogni due anni, che per il prossimo triennio includono, tra l’altro:
a) la formazione del personale scolastico, prevedendo la partecipazione di un proprio referente per ogni autonomia scolastica;
b) la promozione di un ruolo attivo degli studenti, nonché di ex studenti che abbiano già operato all’interno dell’istituto scolastico in attività di peer education, nella prevenzione e nel contrasto del cyberbullismo nelle scuole;
c) la previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti (comma 2).
È poi prevista da parte degli Uffici Scolastici Regionali la pubblicazione di bandi per il finanziamento di progetti elaborati dagli istituti scolastici per promuovere sul territorio azioni integrate di contrasto al cyberbullismo, nonché campagne di educazione alla legalità (comma 4) ed all’uso consapevole di internet (comma 5).
Ma il nodo cruciale (e che desta maggiori dubbi e perplessità) concerne la previsione di cui al terzo comma, secondo cui ogni istituto scolastico deve individuare fra i docenti un referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e contrasto del cyberbullismo, che potrà avvalersi della collaborazione delle Forze di polizia insieme alle associazioni e ai centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio).
Se, infatti, il ministro Valeria Fedeli ha assicurato di voler dare immediatamente piena attuazione alla legge, e di avere a tal fine già avviato (previa convocazione della Conferenza dei Coordinatori regionali degli Uffici Scolastici sul bullismo) la ricognizione dei docenti referenti per ciascuna scuola, come richiesto dal provvedimento appena approvato, resta da comprendere (sul punto, la normativa è oscura) a chi verrà affidato il delicato compito di assicurare, al riguardo, adeguata e completa formazione (pedagogica, psicologica e legale) ai suddetti referenti, come pure non è chiaro entro che tempi e con quali modalità verrà espletata detta formazione (mancano, in fondo, pochi mesi dall’inizio del nuovo anno scolastico).
Come pure, pare quanto meno curioso che questa legge abbia disposto l’individuazione, tra i docenti, di un apposito referente per il cyberbullismo, mentre invece nessuna figura analoga sia stata prevista (in questo o in altro provvedimento) per il coordinamento di iniziative di prevenzione dei fenomeni di mero bullismo nelle scuole, pure frequentissimi: la scollatura, appare, indubbiamente evidente, e si prevede che tale carenza produrrà, nella pratica, numerose problematiche interpretative ed applicative.
Gli artt. 5 e 6
I dirigenti scolastici, invece, dovranno informare tempestivamente le famiglie dei minori coinvolti in episodi di cyberbullismo, ed attivare adeguate azioni di carattere educativo (art. 5).
L’art. 6, invece, dispone uno stanziamento pari a circa duecentomila euro annui per lo svolgimento delle attività di formazione in ambito scolastico e territoriale “finalizzate alla sicurezza dell’utilizzo della rete internet e alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo”.
Art. 7: la procedura di ammonimento
In conclusione, a conferma ulteriore dell’approccio rieducativo del provvedimento appena approvato (e della intenzione del legislatore di licenziare un testo pensato sì per le vittime, ma anche per quei ragazzi che, spesso inconsapevolmente, si rendono responsabili di condotte dai risvolti penali), è stata introdotta la procedura di ammonimento, seguendo lo stesso criterio utilizzato per lo stalking.
E ciò, come più volte ripetuto, con l’obiettivo di responsabilizzare i minori ultraquattordicenni che, di fatto, si rendono autori autori di reati, tenendoli però, nei casi consentiti dalla legge, fuori da implicazioni di tipo penale.
Così si prevede che, fin quando non venga presentata querela o denuncia dalla vittima, il questore potrà convocare il responsabile della condotta illecita (purchè, come detto, si tratti di un giovane di età superiore a 14 anni), commessa nei confronti di altro minorenne, ed ammonirlo oralmente, invitandolo a rispettare la legge: il tutto, in presenza di un genitore o di chi ne faccia le veci.
Gli effetti dell’ammonimento, in ogni caso, cessano con il compimento della maggiore età.
Fonte:www.quotidianogiuridico.it/Approvata la Legge per il contrasto al cyberbullismo | Quotidiano Giuridico
Blog di attualità e informazione giuridica - Lo Studio Legale Mancino ha sede in Ferrara, Via J. F. Kennedy, 15 - L'Avv. Emiliano Mancino è abilitato alla difesa di fronte alla Corte di Cassazione
giovedì 18 maggio 2017
Approvata la Legge per il contrasto al cyberbullismo
Lo Studio Legale Mancino si occupa di tutte le fasi dell'assistenza legale in sede penale, sia per la difesa delle persone sottoposte a procedimento, sia per la tutela delle vittime di reato come parti civili. Lo Studio opera anche in tutti gli ambiti del diritto civile, dalla contrattualistica, al diritto di famiglia, separazioni e divorzi, successioni, diritti reali, assicurazioni e responsabilità civile, diritto bancario, nonché nel settore del diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali. L'Avv. Emiliano Mancino è abilitato alla difesa di fronte alla Corte di Cassazione. E' iscritto alle liste per il patrocinio a spese dello Stato. Lo Studio è a disposizione dei Colleghi che hanno necessità di collaborazione e/o di domiciliazione per tutti gli uffici giudiziari compresi nelle circoscrizioni dei Tribunali di Ferrara e Bologna.
Dal 2018 l’Avv. Emiliano Mancino aderisce al progetto Difesa Legittima Sicura, una rete di professionisti sul territorio nazionale che dà tutela legale a chiunque sia vittima di violenza.
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