Oggetto: Proclamazione dell’astensione nazionale dalle udienze dei Giudici di Pace dal 19 al 22 dicembre 2016
Avendo vanamente esperito le procedure di raffreddamento previste dall’articolo 7 del Codice di autoregolamentazione per l’esercizio dello sciopero e delle astensioni dalle attività giudiziarie dei giudici di pace come da lettere del 4 novembre 2016 e del 29 novembre 2016, e malgrado il recente sciopero della categoria tenutosi dal 21 al 25 novembre 2016, nel prendere, per l’ennesima volta, atto del comportamento reiteratamente lesivo od omissivo del Ministro della Giustizia, malgrado gli impegni assunti nel corso degli incontri avuti con le organizzazioni di categoria, e del Presidente del Consiglio dei Ministri a danno della categoria in materia di corretta amministrazione della Giustizia, di garanzie di indipendenza del giudice, di riconoscimento dei più elementari diritti di lavoro (previdenza, equo compenso, continuità sino all’età pensionabile, tutela della maternità e della salute…), di osservanza dei precetti fondamentali statuiti dalla Costituzione e delle principali Istituzioni Europee (Commissione Europea, Parlamento Europeo, Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa e Corte di Giustizia Europea) e Mondiali (O.N.U.);
nel rilevare che l’attuale Governo, pur avendo preannunciato le dimissioni all’indomani della sconfitta referendaria, è ancora in carica con pieni poteri e, in ogni caso, vi resterà anche nelle vesti di Governo dimissionario sino al giuramento di un nuovo Governo, eventualmente all’esito delle elezioni politiche;
con la presente l’Unione Nazionale Giudici di Pace proclama lo sciopero nazionale dei giudici di pace dal 19 al 22 dicembre 2016.
La scrivente organizzazione, premesso che:
la magistratura ordinaria, alla quale la magistratura di pace appartiene a pieno titolo, costituisce un ordine unico, investito di funzioni e poteri equivalenti; non esiste una giustizia onoraria, semmai una Giustizia che funziona ed una giustizia che non funziona; i giudici di pace chiedono il rispetto della Costituzione, nonchè delle raccomandazioni e decisioni delle più alte Istituzioni Internazionali (Organismo delle Nazioni Unite, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa, Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, Commissione Europea, Parlamento Europeo e Corte di Giustizia Europea), alla luce delle quali la Giustizia, in qualsiasi grado e da chiunque espletata, esige, al fine di garantire l’imparzialità e professionalità del giudice, a tutela dei cittadini che vi accedono, il riconoscimento a tutti magistrati dei diritti fondamentali della continuità del servizio sino all’età pensionabile, di un trattamento economico adeguato, delle tutele previdenziali ed assistenziali, delle garanzie ordinamentali di autonomia degli uffici e di indipendenza del giudice;
DENUNCIA quanto segue
In data 29 aprile 2016 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 99, la legge 28 aprile 2016, n. 57, di “delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria ed altre disposizioni sui giudici di pace”, senza, peraltro, che il Ministro della Giustizia Orlando abbia tenuto fede all’impegno assunto nel dicembre 2015 di ascoltare le organizzazioni di categoria prima della sua approvazione definitiva in Parlamento; a tale legge è già stata parziale attuazione con decreto legislativo del 31 maggio 2016, n. 92; tali provvedimenti legislativi si appalesano come altamente lesivi dei diritti dei giudici di pace e dei principi di indipendenza del giudice e di autonomia degli uffici; in particolare:
Tutte le istanze di categoria, pur fatte tempestivamente pervenire ai competenti organi governativi, sono state respinte, malgrado la presentazione, sia in Senato che alla Camera dei Deputati, da parte di tutte le forze politiche, ivi compresi senatori e deputati appartenenti ai partiti di maggioranza, di numerosi emendamenti che miravano a rendere il testo di riforma compatibile con il dettato costituzionale e con la vincolante normativa comunitaria sul lavoro a tempo determinato ed a tempo parziale; in particolare:
Con una disposizione manifestamente lesiva del principio comunitario di non discriminazione (clausola 4 della direttiva comunitaria 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato) è stato prevista una generica ed inconsistente forma di previdenza, incompatibile con la natura professionale dell’attività lavorativa prestata dai magistrati di pace, nonchè che tutti i futuri oneri contributivi ricadano su di essi, in violazione della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 1° marzo 2012, O’Brien, C-393/10;
Con altra disposizione, parimenti lesiva del principio comunitario “pro rata temporis” (commisurazione del trattamento economico e pensionistico al tempo effettivamente impiegato nell’esercizio delle funzioni, con specifico riguardo al trattamento del magistrato di carriera – vedasi sempre la clausola 4 della direttiva comunitaria 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato e la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 1° marzo 2012, O’Brien, C-393/10), è stata conferita una delega in bianco al Governo sulla determinazione dei compensi dei magistrati onorari e di pace, vincolandola agli attuali stanziamenti di bilancio, del tutto inadeguati;
Allo stato il Governo non intende stanziare i fondi necessari per garantire l’osservanza dell’ordinamento comunitario, atto dovuto, non esonerando i vincoli di bilancio da responsabilità lo Stato Italiano nel caso di violazioni di norme comunitarie secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea;
Con ulteriore disposizione, sempre lesiva del principio comunitario di non discriminazione, è stato abbassato ulteriormente il limite di età dei giudici di pace e di tutti gli altri magistrati onorari in servizio a 68 anni, malgrado le rassicurazioni in senso contrario del Ministro Orlando, peraltro rese pubbliche sul sito internet del suo Dicastero, così ponendo i magistrati medesimi nell’impossibilità di raggiungere l’età pensionabile, attualmente fissata in 70 anni sia per i magistrati di carriera che per gli avvocati, anche in violazione degli articoli 1, 2 e 6 della Direttiva comunitaria 2000/78/CE del 27.11.2000;
Già nel decreto legislativo del 31 maggio 2016, n. 92, è stato abbassato il limite di età a 68 anni, con la conseguenza che il giorno successivo i giudici di pace che avevano compiuto 68 anni sono cessati dall’incarico, in violazione della sentenza della Corte di Giustizia Europea C-286/12 del 6 novembre 2012;
Il medesimo decreto legislativo non riconosce, da subito, i quattro mandati quadriennali previsti dall’articolo 2, comma 17, restando incerta, allo stato, l’effettiva attuazione della delega conferita;
Con una disposizione immediatamente precettiva (articolo 5 della legge) è stato conferito ai presidenti di Tribunale il coordinamento degli uffici del Giudice di Pace, in aperta lesione dei principi costituzionali di autonomia degli uffici e di indipendenza del giudice, peraltro omettendo di prevedere disposizioni per la fase transitoria, così ponendo da subito i capi dell’ufficio nell’impossibilità di garantire l’ordinata transizione dal previgente assetto organizzativo degli uffici, diretti dai giudici di pace coordinatori, referenti e delegati, al nuovo regime di direzione dei Presidenti di Tribunale, che può avvalersi nell’esercizio dei suoi poteri solo di magistrati di carriera, cancellando con un “colpo di spugna”, in violazione dell’articolo 97 della Costituzione, le tabelle di composizione degli uffici, con tutti i gravissimi disservizi che si sono verificati negli ultimi mesi, destinati ad accentuarsi in conseguenza dell’impossibilità del Presidente di Tribunale o dei magistrati delegati di assicurare la quotidiana presenza negli uffici del Giudice di Pace, di fatto privi di organi direttivi;
In violazione dell’articolo 3 della Costituzione, e del principio di ragionevolezza ad esso sotteso, il Governo, nel determinare la composizione delle sezioni autonome dei consigli giudiziari, ha semplicemente confermato il numero di componenti magistrati onorari giudicanti già oggi previsto nelle sezioni autonome relative ai giudici di pace, senza tenere in alcun conto della circostanza che, a seguito dell’accorpamento dei magistrati onorari di tribunale ai giudici di pace, mediante l’adozione della nuova e inconsistente denominazione di giudici onorari di pace, che già ha suscitato ilarità nella stampa e presso tutti gli addetti alla Giustizia, il numero dei magistrati onorari giudicanti è raddoppiato, e, secondo elementari nozioni di logica, avrebbe dovuto essere raddoppiato il numero dei componenti nelle sezioni autonome dei consigli giudiziari, anche in considerazione dell’enorme mole di lavoro che tali nuovi organi di autogoverno della magistratura, a livello distrettuale, dovrà sbrigare, con un aumento delle competenze calcolabile prudenzialmente in non meno del 500% delle attuali pratiche assegnate alle sezioni autonome
Il restante testo della contestata legge di riforma presenta ulteriori e numerosi aspetti di assoluta criticità, quali, in via meramente esemplificativa: a) l’incostituzionale potere dei magistrati professionali di impartire direttive ai magistrati onorari nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali, in aperta violazione dell’articolo 101 Costituzione; b) la previsione, parimenti incostituzionale, di retrocessione, dopo il primo quadriennio, dei giudici di pace in servizio ai compiti, di natura prevalentemente amministrativa e di sostegno, conferiti ai magistrati applicati nell’ufficio del processo, applicazione che potrà avvenire anche senza consenso del magistrato onorario, al pari delle applicazioni e dei trasferimenti di ufficio (violazione, in quest’ultimo caso, del principio costituzionale di inamovibilità del giudice); c) previsione di licenziamento in tronco, mascherato sotto l’eufemismo della dispensa d’ufficio, dei magistrati onorari che per cause di forza maggiore (gravidanza, grave malattia) dovranno assentarsi dall’ufficio per 6 mesi; etc…
Nel frattempo le più alte istituzioni europee, su istanza, denuncia o reclamo delle organizzazioni di categoria o di singoli magistrati, hanno avviato plurime procedure volte ad accertare le lamentate violazioni di diritto comunitario, in particolare:
a) con decisione del 5 luglio 2016, pubblicata il 16 novembre 2016, il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa, su reclamo n. 102/2013 dell’Associazione Nazionale Giudici di Pace, ha accertato all’unanimità che la legislazione italiana viola il principio di non discriminazione previsto dall’articolo E in combinato disposto con l’articolo 12 della Carta Sociale Europea, ossia un trattato internazionale vincolante ai sensi dell’articolo 117, comma 1, della Costituzione, deliberando che i giudici di pace, sotto il profilo delle funzioni, dei doveri e del lavoro svolto, sono equiparabili ai magistrati professionali, con particolare riguardo al diritto inviolabile ad un trattamento previdenziale ed assistenziale corrispondente, anche in materia di tutela della maternità, della paternità e della salute; b) tutte le menzionate questioni sono attualmente all’esame della Commissione Europea, alla quale sono state presentate plurime denunce di infrazione per violazione delle richiamate disposizioni comunitarie e al riguardo la CE ha già avviato un EU Pilot (protocollo n. CHAP(2015)00364); c) la Commissione Europea è stata, altresì, più volte investita dalla Commissione per le petizioni del Parlamento Europeo, ai sensi dell’articolo 216, comma 6, del Regolamento, del compito di svolgere indagini e fornire informazioni al Parlamento Europeo sulle medesime questioni sopra esposte e sollevate in numerose petizioni dichiarate ricevibili e presentate da giudici di pace (petizioni nn. 1328/2015, 1376/2015, 0044/2016, 0214/2016 e 0889/2016 – le petizioni nn. 1328/2015 e 1376/2015 attualmente sono la terza e quarta petizione più sostenute nel Parlamento Europeo); d) in relazione ai punti evidenziati alle lettere a), b) e c) l’eurodeputato Salvatore Domenico Pogliese (PPE) ha presentato in Parlamento Europeo una interrogazione prioritaria con richiesta di risposta scritta alla Commissione Europea in data 28 novembre 2016, n. P-008844/2016; e) sono attualmente pendenti numerose procedure giudiziarie interne, dinanzi al giudice ordinario e amministrativo, presentate da singoli magistrati od organizzazioni di categoria, con richieste espresse e motivate di sollevare pregiudiziali dinanzi alla Corte di Giustizia Europea, sempre in relazione alle denunciate violazioni della normativa comunitaria sul lavoro subordinato ed alla luce dell’ inequivocabile e vincolante contenuto interpretativo della sentenza della CGE del 1° marzo 2012, O’Brien, C-393/10, con particolare riguardo alla configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato anche in capo ad un magistrato cd. onorario o laico.
Con lettera di messa in mora del 28 novembre 2016 l’Unione Nazionale dei Giudici di Pace ha diffidato il Ministro della Giustizia Orlando ed il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ad adempiere alla decisione del Comitato Europeo dei Diritti Sociali del 5 luglio 2016 sul reclamo n. 102/2013, adottando ogni dovuto atto, eventualmente a mezzo di decreto legge, sussistendone tutti i presupposti, anche in presenza di un Governo dimissionario. Anche a tale diffida il Governo non ha dato riscontro alcuno.
In conclusione, non possiamo che rilevare, con disagio e fermo disappunto, che il Ministro della Giustizia Orlando ha disatteso ogni parola data, facendo approvare una legge delega di riforma della magistratura cd. onoraria che va esattamente nella direzione opposta da quanto promesso negli incontri, di mera facciata, avuti negli ultimi anni con le organizzazioni di categoria ed elaborato in occasione delle elezioni politiche del 2013 come programma elettorale del suo stesso partito di appartenenza.
Tale volontà mortificatrice del Ministro Orlando e del Governo appare ancor più incomprensibile alla luce dei dati statistici di efficienza degli uffici divulgati dal Ministero della Giustizia, sia in sede di censimento della Giustizia civile e penale, sia in sede di relazione al Parlamento dello stato della Giustizia nel gennaio del corrente anno, i quali evidenziano che i giudici di pace trattano già oggi oltre il 30% del contenzioso civile (lavoro destinato ad aumentare vertiginosamente con il conferimento ai Giudici di Pace delle nuove competenze previste dal comma 15 dell’articolo 2 della legge n. 57/2016) e, unico esempio virtuoso in Italia, garantiscono una durata media dei processi civili e penali ben inferiore ad un anno (10 mesi), con un numero medio di circa 1.000 (mille) procedimenti civili e penali definiti da ciascun singolo giudice di pace.
Per tali ragioni l’Unione Nazionale dei Giudici di Pace ha deciso la proclamazione dello sciopero dal 19 al 22 dicembre 2016 e la prosecuzione delle azioni di protesta nel caso in cui il Governo ed il Ministro della Giustizia, pur se dimissionari, non modifichino l’attuale posizione lesiva non solo dei diritti fondamentali dei giudici di pace, ma anche delle garanzie approntate dalla Costituzione a tutela dei cittadini e delle imprese che accedono al servizio Giustizia, adottando tutte le necessarie ed improcrastinabili misure.
L’unione Nazionale dei Giudici di Pace manifesta il disagio della categoria per essere costretta, dinanzi al comportamento lesivo ed omissivo del Ministro della Giustizia e del Governo, a ricorrere a reiterate e prolungate astensioni per rivendicare l’adeguamento della condizione dei giudici di pace ad elementari e fondamentali principi di diritto costituzionale, comunitario ed internazionale, preordinati a garantire l’indipendenza, imparzialità e professionalità dei giudici e finalizzati ad assicurare ai cittadini l’effettività della tutela giurisdizionale dei loro inviolabili diritti.
Roma 7 dicembre 2016
Maria Flora Di Giovanni Alberto Rossi
(Presidente Nazionale) (Segretario Generale)
Fonte: www.unionegiudicipace.it/PROCLAMATO NUOVO SCIOPERO GIUDICI DI PACE DAL 19 AL 22 DICEMBRE 2016 ‹ Unagipa – Unione Nazionale Giudici di Pace
Blog di attualità e informazione giuridica - Lo Studio Legale Mancino ha sede in Ferrara, Via J. F. Kennedy, 15 - L'Avv. Emiliano Mancino è abilitato alla difesa di fronte alla Corte di Cassazione
mercoledì 7 dicembre 2016
Proclamato nuovo sciopero dei Giudici di Pace dal 19 al 22 dicembre
Lo Studio Legale Mancino si occupa di tutte le fasi dell'assistenza legale in sede penale, sia per la difesa delle persone sottoposte a procedimento, sia per la tutela delle vittime di reato come parti civili. Lo Studio opera anche in tutti gli ambiti del diritto civile, dalla contrattualistica, al diritto di famiglia, separazioni e divorzi, successioni, diritti reali, assicurazioni e responsabilità civile, diritto bancario, nonché nel settore del diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali. L'Avv. Emiliano Mancino è abilitato alla difesa di fronte alla Corte di Cassazione. E' iscritto alle liste per il patrocinio a spese dello Stato. Lo Studio è a disposizione dei Colleghi che hanno necessità di collaborazione e/o di domiciliazione per tutti gli uffici giudiziari compresi nelle circoscrizioni dei Tribunali di Ferrara e Bologna.
Dal 2018 l’Avv. Emiliano Mancino aderisce al progetto Difesa Legittima Sicura, una rete di professionisti sul territorio nazionale che dà tutela legale a chiunque sia vittima di violenza.
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