A distanza di anni dalla cessione della ditta il piccolo imprenditore si vede recapitare un avviso di accertamento. Il Fisco contesta “incomplete dichiarazioni relative alla plusvalenza derivante dalla cessione dell’attività”. Lui è costretto a soccombere nella battaglia tributaria, ma si prende una soddisfacente rivincita col suo contabile dell’epoca – un ragioniere –, condannato a risarcirlo con 30mila euro. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5882/2016, depositata il 24 marzo 2016.
Contabilità. Ricostruita nei dettagli la vicenda. Il proprietario della «ditta artigianale di falegnameria» spiega che «il ragioniere si era occupato della sua contabilità, provvedendo anche alla compilazione delle dichiarazioni dei redditi» e «curando le trattative e la redazione del contratto» con cui «aveva ceduto l’azienda a una ‘srl’». Peraltro, il professionista pareva anche avere provveduto, spiega l’imprenditore, a «tutti gli adempimenti di legge relativi alla cessione», predisponendo anche «le dichiarazioni dei redditi per l’anno 1990 nel ‘modello 101’ integrato per il 1991».
A dicembre 1997, però, la sgradita sorpresa per il piccolo imprenditore: la notifica di «un avviso di accertamento dell’ufficio delle imposte dirette» con «sanzione» per «incomplete dichiarazioni relative alla plusvalenza derivante dalla cessione dell’attività».
Inutili i ricorsi «alla Commissione tributaria provinciale e poi a quella regionale», l’oramai ex titolare della ditta riesce a vendicarsi col ragioniere: in Appello il professionista viene condannato a versare oltre 30mila euro al suo vecchio cliente.
Per i giudici di secondo grado è evidente la «negligenza» del ragioniere. Discutibile soprattutto la «condotta» tenuta «nel momento in cui ebbe a cessare il mandato professionale».
Su questo punto, in particolare, è lo stesso ragioniere ad ammettere che «quando ebbe a restituire» all’imprenditore «i documenti di sua pertinenza», non consegnò al cliente «la dichiarazione dei redditi compilata correttamente».
Negligenza. Per i giudici d’Appello è evidente l’abuso compiuto dal professionista. Egli ha «trattenuto indebitamente documenti di pertinenza del cliente», e così «è venuto meno agli specifici doveri imposti dalla sua professione».
E tale visione è condivisa anche dai magistrati della Cassazione.
Anche in terzo grado, in sostanza, il «comportamento» del ragioniere è valutato come «contrario a diligenza professionale» e, soprattutto, tale da provocare «gravi pregiudizi al cliente».
Ciò conduce a confermare la «responsabilità del professionista» e, di conseguenza, il risarcimento – oltre 30mila euro – a favore del piccolo imprenditore.
Per i giudici di Cassazione non è discutibile la «negligenza» del ragioniere: da un lato, egli ha trattenuto la «documentazione relativa agli oneri deducibili»; dall’altro, egli, a conclusione del «mandato professionale», ha «restituito» quasi «tutti i documenti» al suo cliente, lasciando però nel proprio studio «la dichiarazione dei redditi» relativa al 1990.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Ditta ceduta, avviso di accertamento per l’ex titolare: risarcimento dal ragioniere che si occupava della contabilità - La Stampa
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sabato 2 aprile 2016
Ditta ceduta, avviso di accertamento per l’ex titolare: risarcimento dal ragioniere che si occupava della contabilità
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