giovedì 3 marzo 2016

Tempo "tuta": quando deve essere retribuito

L'eterodeterminazione del tempo e del luogo ove indossare la divisa o gli indumenti necessari per la prestazione lavorativa, che fa rientrare il tempo necessario per la vestizione e svestizione nell'ambito del tempo di lavoro retribuito, può derivare dall'esplicita disciplina d'impresa, o risultare implicitamente dalla natura degli indumenti da indossare o dalla specifica funzione che essi devono assolvere nello svolgimento della prestazione.
È questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 1352/2016, depositata il 26 gennaio.
Nel caso de quo, i lavoratori di una cooperativa sociale operante nel settore dell’assistenza agli anziani, convenivano in giudizio la datrice di lavoro per ottenere il pagamento del tempo necessario ad indossare e svestire la divisa, imposta loro per lo svolgimento della prestazione.
Soccombenti in primo e in secondo grado, i lavoratori adivano la Corte di Cassazione, lamentando la violazione della normativa italiana ed europea in tema di orario di lavoro.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha osservato in via preliminare che, per consolidata giurisprudenza anche comunitaria, al fine di valutare se il tempo occorrente per tale operazione debba essere retribuito o meno, occorre distinguere: se al lavoratore è data facoltà di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa o gli indumenti (anche eventualmente presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro), la relativa operazione fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell'attività lavorativa, e come tale il tempo necessario per il suo compimento non dev' essere retribuito. Se, invece, le modalità esecutive di detta operazione sono imposte dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione, l'operazione stessa rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario dev' essere retribuito.
Tale impostazione, aggiunge la Corte, richiede un'ulteriore precisazione, necessaria al fine di valutare la fattispecie oggetto di causa. L'eterodeterminazione del tempo e del luogo ove indossare la divisa o gli indumenti necessari per la prestazione lavorativa, che fa rientrare il tempo necessario per la vestizione e svestizione nell'ambito del tempo di lavoro, può derivare dall'esplicita disciplina d'impresa, o risultare implicitamente dalla natura degli indumenti da indossare o dalla specifica funzione che essi devono assolvere nello svolgimento della prestazione.
Nella fattispecie, osserva la Suprema Corte, la Corte territoriale, in assenza di una specifica disciplina contrattuale, ha concluso che potesse escludersi un obbligo per i lavoratori di indossare la divisa in azienda, in considerazione del fatto che i lavoratori non svolgono mansioni infermieristiche né lavorano in strutture ospedaliere, sicché è sufficiente che si presentino con una divisa pulita, anche se indossata prima di muoversi da casa.
La Corte territoriale non ha però valutato le risultanze di causa onde desumerne quale sia il grado di igiene richiesto per l'espletamento della prestazione e se esso possa essere realmente garantito dal tragitto che i lavoratori devono compiere prima di entrare nel luogo di lavoro.
Inoltre, non ha analizzato le caratteristiche della divisa imposta per l'espletamento della prestazione in tutte le sue componenti, per esaminare se essa potesse essere indossata dai lavoratori in luogo diverso da quello di lavoro, secondo un criterio di "normalità sociale" dell'abbigliamento.

Fonte: www.altalex.com/GiuseppinaMattiello/Tempo "tuta": quando deve essere retribuito | Altalex

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