Mezzo milione di euro di risarcimento ai due piccoli figli, per la perdita della madre investita da un pirata della strada, è abbastanza ovvio. Altri 200 mila euro di danni anche al marito, per la perdita della moglie, è altrettanto scontato. E pure i 150 mila euro a testa ai due genitori, o i 50 mila euro alla sorella della vittima, sono ancora intuibili. Ma un po’ meno ovvio è che la X sezione civile del Tribunale di Milano — oltre al danno da mamma, da moglie, da figlia e da sorella — riconosca al marito dell’investita anche il danno da casalinga: 50 mila euro a risarcimento «per il mancato apporto in futuro dell’attività di casalinga della defunta quale moglie e madre».
La signora Anna, 37 anni, era stata investita alla vigilia del Natale 2011 mentre attraversava la strada a Montesilvano, in provincia di Pescara, travolta dal guidatore ubriaco di una Toyota Yaris, responsabile dei danni richiesti dal marito (sposato da quindici anni), dai due figli di 4 e 8 anni, dai genitori e dalla sorella dell’investita.
Le motivazioni del giudice
Scontato, nella prima parte della sentenza, è «il ristoro del pregiudizio derivante dalla lesione del rapporto parentale», che ricomprende «la sofferenza patita in occasione dell’evento luttuoso, l’irrimediabile compromissione della possibilità di godersi la propria coniuge e di trascorrere con lei presumibilmente la propria intera vita», nonché «il venire meno di ogni possibilità di progetto comune»; per i figli pesa «la tragica scomparsa della mamma in tenera età», quando la figura materna è «quanto mai indispensabile nella vita quotidiana»; e «indubbio dolore» è anche quello dei genitori e della sorella, «sui quali ricade il doloroso compito di aiutare la famiglia nucleare a superare il tragico momento». Ma al marito — aggiunge la giudice Adriana Cassano Cicuto — l’automobilista deve risarcire anche «il lamentato pregiudizio per il mancato apporto dell’attività di casalinga della defunta quale madre e moglie nel compendio familiare»: «senza alcun svilimento di tale figura», ma «in riferimento alle incombenze di natura prettamente materiale quali la cura e la pulizia della casa» che ora «debbono essere svolte con l’impiego di una colf», almeno sino al «prevedibile raggiungimento di autonomia dei figli alla fine del periodo di studi».
Il ruolo di casalinga
Significa forse che per i giudici una moglie vale solo in quanto casalinga, e per giunta al tariffario di una colf? E che la giustizia dà per scontato che in un matrimonio sia solo la donna, e non anche l’uomo, a doversi fare carico delle incombenze domestiche? Non è così se si considerano gli atti della causa.
Sul primo punto, infatti, il riferimento della sentenza alle colf è conseguenza del fatto che il marito abbia documentato di aver appunto dovuto assumere una collaboratrice domestica che svolgesse il lavoro (a casa e nella cura dei figli) che prima era fatto dalla moglie: concettualmente, se la moglie avesse avuto un impiego in ufficio, al marito la sentenza avrebbe riconosciuto il mancato introito familiare dello stipendio della moglie morta. E sul secondo punto, è sempre la richiesta del marito ad attestare che, nella ripartizione dei compiti in famiglia, era la moglie ad aver assunto «completa dedizione alla cura della famiglia e della casa».
fonte: www.corriere.it//Donna muore: risarcimento alla famiglia perché la vittima è casalinga - Corriere.it
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domenica 14 febbraio 2016
Donna muore: risarcimento alla famiglia perché la vittima è casalinga
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