È senz’altro una volgarità, ma non è un reato, esaltare il proprio organo virile davanti a una donna: non si rischia, dunque, una condanna per ingiuria. Lo si evince da una sentenza con cui la terza sezione penale della Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna inflitta a un uomo «per aver leso l’onore e il decoro» di una collega rivolgendole una «frase ingiuriosa» («...Giuseppi’... stasera ho un c....») con la quale esaltava la propria virilità.
La Suprema Corte, infatti, ha ritenuto parzialmente fondato il ricorso presentato dall’imputato sottolineando che, «pur essendo indubbia la terminologia volgare e ineducata delle specifiche parole ricomprese nella frase contestata», i giudici del merito (il gup e la Corte d’Appello de L’Aquila, ndr) avrebbero dovuto concludere «per la non integrazione del reato contestato», dato «l’inequivoco riferimento dell’imputato non già alla interlocutrice, bensì a se stesso, per l’assenza dell’offesa alla dignità altrui».
L’uomo, dunque, è stato assolto in via definitiva «perché il fatto non sussiste» per il reato di ingiuria. Non è però scampato alla condanna a 11 mesi e 10 giorni di reclusione per aver costretto la donna «a subire contro la propria volontà un atto sessuale»: le aveva toccato il sedere sul luogo di lavoro.
(Fonte: Agi) //La Stampa - Cassazione: esaltare l’organo virile davanti a donna non è reato
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martedì 21 ottobre 2014
Cassazione: esaltare l’organo virile davanti a donna non è reato

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