In tema di omicidio colposo, per omessa adeguata custodia di armi da sparo e relativo munizionamento, risultano irrilevanti le circostanze di fatto in presenza delle quali l’evento si verificò, rappresentando l’occasione, e, ove riferibili a comportamenti umani responsabili, una concausa, dell’evento, la radice della responsabilità penale per colpa del proprietario-detentore dell’arma essendo radicata nella predetta condotta omissiva. Lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza 18446/14.
Il caso
Due coniugi venivano condannati dalla Corte di Appello di Torino, per cooperazione colposa nell’omicidio in danno di minore compagno di giochi del proprio figlio. I due ragazzini, giocando in taverna, si avvicinavano ad una vetrinetta all’interno della quale vi erano 6 fucili comprensivi di munizioni, poi il figlio dei due si impadroniva di un’arma e sparava un colpo al compagno di giochi ferendolo mortalmente. Osservava la Corte di merito che la responsabilità degli imputati emergeva dalla circostanza che la vetrinetta, ove erano le armi, si trovava in una taverna destinata ai giochi, la quale era accessibile a chiunque, in quanto la chiave o era inserita nella serratura o appoggiata sul ripiano sito di fianco. Tali circostanze erano note ai coniugi che avevano posto in essere negligentemente le condizioni per il verificarsi dell’evento, l’uomo per non aver custodito adeguatamente i fucili e la moglie per aver permesso ai ragazzini di giocare in un luogo non sicuro. Avverso la condanna i 2 imputati ricorrevano per cassazione, sostenendo che la chiave era poggiata su di un mobile elevato non accessibile al figlio minore, lamentando inoltre la mancanza di motivazione in ordine alla circostanza che l’imputata faceva affidamento sulla diligenza del marito nella custodia delle armi, affidamento avvalorato dal fatto che per ben 11 anni nell’uso della tavernetta non era mai successo nulla.
Per la Corte i giudici del merito hanno correttamente prospettato il fatto di sangue verificatosi dovuto a causa della condotta negligente degli imputati nella custodia delle armi. Infatti essendo codetentori del fucile avrebbero dovuto in modo adeguato disinnescare la fonte del pericolo, adottando cautele idonee, tra le quali certamente non rientrava il posizionamento della chiave della vetrinetta sopra una mensola alta 2 metri, tanto vero che il minore non aveva fatto fatica a recuperarla. Né la donna poteva invocare il principio di affidamento, ciò in quanto la violazione di elementari regole cautelari, quali l’accessibilità della chiave e la presenza di armi all’interno di un locale destinato ai giochi, erano evidenti; pertanto la donna non poteva fare affidamento sulla diligenza del marito, perché la situazione di pericolo era palese e reiterata nel tempo. Concludendo, la Corte ritiene di dover rigettare il ricorso essendo stata la condotta omissiva degli imputati detentori, la causa dell’evento verificatosi.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Genitori disattenti lasciano fucili incustoditi, inevitabile la tragedia
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mercoledì 2 luglio 2014
Genitori disattenti lasciano fucili incustoditi, inevitabile la tragedia
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