Per il delitto di diffamazione, la persona, cui sia diretta l’offesa, deve essere determinata, ma non è necessario che sia indicata nominativamente, essendo sufficiente che sia indicata in maniera tale da poter essere individuata agevolmente e con certezza. Lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza 12428/14.
Il caso
La Corte d’appello di Ancona assolveva un dirigente scolastico dal reato di diffamazione, che era stato contestato per aver offeso la reputazione di due genitori. Il dirigente aveva inviato una lettera ai genitori degli alunni delle classi quinte elementari dell’istituto, in cui accusava, senza nominarli, alcuni di loro di aver agito subdolamente allo scopo di denigrare la scuola, di essere «pedagogicamente incompetenti», per la loro volontà di iscrivere i figli in un’altra scuola. Secondo i giudici di merito, la lettera, di risposta alle provocazioni manifestate dai genitori in una precedente assemblea, era priva di contenuto offensivo, dato che le espressioni erano indirizzate in modo generico e collettivo a destinatari, cioè tutti i genitori, di cui erano state omesse le generalità, anche se identificabili. Da ciò, derivava la non configurabilità dell’elemento psicologico della diffamazione. I due genitori, parti civili nel processo, ricorrevano in Cassazione, sostenendo che, pur in assenza dell’esplicita indicazione dei loro nomi nella missiva, le parole offensive riguardavano proprio loro, essendo facilmente individuabili in mezzo al numero ristretto di genitori. La Corte d’appello avrebbe considerato come provocazione, giustificando così la reazione del dirigente, la comunicazione di voler iscrivere i propri figli in un’altra scuola. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione rilevava che il mancato riferimento alle precise generalità delle persone non potesse avere alcun rilievo favorevole all’imputato. Per il delitto di diffamazione, infatti, la persona, cui sia diretta l’offesa, deve essere determinata, ma non è necessario che sia indicata nominativamente, essendo sufficiente che sia indicata in maniera tale da poter essere individuata agevolmente e con certezza. Inoltre, a giudizio della Corte di legittimità, mancava, nella motivazione della sentenza impugnata, l’indicazione di una condotta dei genitori che potesse giustificare la reazione del dirigente, con il riconoscimento dell’esimente prevista dall’art. 599 c.p.. Né la manifestazione del dissenso di un cittadino nei confronti del livello di un istituto scolastico, né la volontà di iscrivere il figlio in un’altra scuola, erano, cioè, qualificabili come lesivi di norma giuridica o di regola accettata dalla civile convivenza, Per questi motivi, la Cassazione annullava la sentenza impugnata agli effetti civili.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Insultare qualcuno senza nominarlo: bel trucco, ma non salva dalla pena
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mercoledì 21 maggio 2014
Insultare qualcuno senza nominarlo: bel trucco, ma non salva dalla pena
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