Le Sezioni unite mettono un argine ai sequestri (finalizzati alla confisca) dei beni delle società per i reati tributari commessi dal rappresentante legale dell’azienda. Chiarisce la Corte di cassazione, con il deposito di una “massima provvisoria” (in attesa dunque della sentenza vera e propria), avvenuto nella giornata di ieri, che da ora in poi si dovrà tener conto dell’esistenza o meno di una connessione tra il bene e il reato. E soltanto in questo caso sarà legittima l’aggressione del patrimonio aziendale.
Spiega infatti il collegio nella sua formazione più alta che: «È consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni comunque direttamente riconducibili al profitto del reato, mentre non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di ulteriori beni della persona giuridica».
Il caso di partenza
La vicenda parte da un’ordinanza del Tribunale di Trento che aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente di un immobile di proprietà del legale rappresentante di una Srl indagato per omesso versamento dell'Iva negli anni 2009 (per 208.737 euro) e 2010 (per 123.544,euro).
Il rinvio alle SU
Da qui il ricorso in Cassazione che poi con l’ordinanza 22 novembre 2013 n. 46726 ha rimesso la questione alle Sezioni unite. Nell’ordinanza di rinvio la III Sezione prende atto di un contrasto giurisprudenziale non risolto anche se poi individua nella posizione più favorevole all’impresa l’indirizzo prevalente nelle giurisprudenza più recente. In particolare, a fare la differenza sarebbe la mancata previsione dei reati fiscali nel Dlgs 231/2001 in materia di responsabilità degli enti.
Il Dlgs 231/2001
Osservano, infatti, i giudici che diverse sentenze hanno affermato «l'impossibilità di applicare il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni appartenenti alla persona giuridica qualora si proceda per violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, in quanto il decreto legislativo n. 231 del 2001, articoli 24 e ss. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l'adozione del provvedimento, tranne nel caso in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti, tanto che ogni cosa fittiziamente intestata alla società sia immediatamente riconducibile alla disponibilità dell'autore del reato».
Norma contraddittoria
Un’altra sentenza, la n. 1256/2013, pur avendo ugualmente dichiarato l’assenza di responsabilità degli enti per i reati tributari, ha rilevato però che contraddittoriamente questa possibilità permane per i reati a carattere transnazionale (legge n. 146 del 2006, articolo 10). Osserva la Corte come una simile situazione «non possa ritenersi il risultato di una scelta meditata del legislatore», facendo così «osservare l'irragionevolezza dell'attuale assetto normativo, in base al quale con riferimento ai reati tributari compiuti nell'ambito di fenomeni associativi a carattere transnazionale è possibile ravvisare la responsabilità della persona giuridica ed operare la confisca per equivalente dei beni della società coinvolta diversamente da ciò che avverrebbe, in assenza di tale presupposto, anche a fronte di un ammontare maggiore di imposte evase, stigmatizzando quindi l'inefficacia dell'attuale sistema punitivo e la disparità di trattamento derivante dalla situazione considerata».
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fonte: ilsole24ore.com/Violazioni tributarie, società: confiscabili solo i beni collegati al reato
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venerdì 31 gennaio 2014
Violazioni tributarie, società: confiscabili solo i beni collegati al reato
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