sabato 26 ottobre 2013

Caso Maisano: no al "carcere duro" per i boss affetti da gravissime malattie

Corte di cassazione - Sezione I penale - Sentenza 1°-25 ottobre 2013 n. 43890

   No al “carcere duro” per i boss affetti da diverse e gravi patologie invalidanti. Lo ha stabilito una sentenza della   Cassazione che oggi ha accolto il ricorso di Filiberto Maisano, 81   anni, ritenuto un capomafia della 'ndrangheta reggina, per il quale  l'allora ministro Giustizia Angelino Alfano nel dicembre 2010 dispose  il regime carcerario del 41-bis. Maisano è detenuto nel carcere di Novara e si è rivolto alla Cassazione per chiedere di modificare la misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari "per  gravi motivi di salutè". Piazza Cavour ha accolto il suo ricorso e ha  disposto un nuovo esame davanti al Tribunale della Libertà di Reggio Calabria.

   In particolare, la Suprema Corte sottolinea che ''le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità'' e  che anche quando si è in presenza di esponenti di spicco della criminalità, è necessario equilibrare '' le esigenze di giustizia,  quelle di tutela sociale con i diritti individuali riconosciuti dalla  Costituzione". Maisano, come sottolinea la sentenza 43890, presenta ''un quadro patologico serio caratterizzato da patologie cardiache,  artrosiche, discali e neurologiche" che nel tempo lo hanno portato  anche alla depressione.

La Cassazione, accogliendo il ricorso di Filiberto Maisano, ricorda che il nostro ''ordinamento penitenziario'' prevede   che le pene non possano ''consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e che devono tendere alla rieducazione del condannato'',   attenendosi sempre al principio che ''quello alla salute è diritto  fondamentale dell'individuo''.    

Piazza Cavour ricorda che ''è nel rispetto di un siffatto quadro normativo che il legislatore, pur nel contesto nazionale di   fenomeni diffusi e radicati di criminalità organizzata di estremo   allarme socio-economico, fenomeni sconosciuti ai maggiori Paesi   occidentali, ha articolato una disciplina della carcerazione   preventiva attraverso la quale equilibrare le esigenze di giustizia,   quelle di tutela sociale con i diritti individuali riconosciuti dalla  Costituzione”.        

 A Filiberto Maisano il tribunale della libertà di Reggio Calabria lo scorso 20 marzo aveva negato la modifica della misura   cautelare in carcere con quella dei domiciliari ritenendo che le   patologie di cui era affetto, pure se serie, potessero essere curate   in carcere. Contro il no ai domiciliari la difesa di Maisano ha fatto   ricorso con successo in Cassazione sostenendo che ''il diritto alla   salute del detenuto è prevalente anche sulle esigenze di sicurezza”'.

Piazza Cavour ha giudicato il ricorso ''fondato''. In particolare, la prima sezione penale sottolinea che ''e' fatto  divieto di disporre o mantenere la medesima custodia carceraria in costanza di persona affetta da malattia particolarmente grave tale da  rendere le sue condizioni di salute incompatibili con lo stato  detentivo ovvero non adeguatamente curabili''. Anche in quest'ultima  ipotesi, evidenzia il relatore Francesco Maria Bonito, ''la ricorrenza di esigenze cautelari di 'eccezionale rilevanza' giustificano forme  detentive ma soltanto di minore rigore (arresti domiciliari in luogo  di cura)''.

      Nel caso in questione la Cassazione fa notare che Maisano è ''persona ultra 80enne affetto da un complesso patologico di sicuro  rilievo, di forte incidenza individuale, sicuramente debilitante di  essenziali funzioni vitali: l'apparato cardiovascolare, quello  articolare deputato alla deambulazione, quella neurologica incidente  direttamente sulla percepibilità della funzione emendativa della pena e quella, infine, psicologica, essenziale per la condizione stessa  della vivibilità quotidiana''.  (Fonte: Adnkronos)

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