giovedì 3 aprile 2014

Portiera sostituita, ma con un ‘pezzo’ di un modello precedente: risarcito l’automobilista

Nessun dubbio sul ‘gioco di prestigio’ realizzato da un’officina. Assolutamente impensabile che l’operazione sia stata autorizzata dal proprietario del veicolo, anche tenendo presente che il costo era coperto integralmente dall’assicurazione. Evidente la violazione della clausola di buonafede. 
Il caso 
Pessima sorpresa per il proprietario di un’automobile – una ‘Renault Scenic’ a cinque porte, per la precisione –: lo sportello, sostituito, a seguito di un incidente, da una ‘autocarrozzeria’, non è originale. A svelare il ‘pacco’ è un altro carrozziere, che segnala all’automobilista la presenza dello sportello ‘tarocco’, proveniente da un modello di veicolo precedente e adattato per l’occasione alla sua ‘Renault Scenic’. Scontata l’arrabbiatura del proprietario dell’automobile, che, però, ottiene almeno la soddisfazione, da parte della ‘autocarrozzeria’ responsabile del bluff, di un risarcimento dei danni (Cassazione, sentenza 1179/14). A dirla tutta, comunque, il quantum stabilito dal Giudice di pace e confermato dalla Corte d’Appello non è clamoroso: l’automobilista dovrà ricevere poco più di mille euro come «risarcimento del danno» – soddisfazione più per l’orgoglio che per le tasche... – per l’«installazione di una portiera non originale». Decisivo, per i giudici, innanzitutto, il fatto che l’officina non ha dimostrato che la «sostituzione» con un pezzo non originale «era stata autorizzata». E a dare forza a questa visione anche alcune considerazioni fondate sul buon senso: «carenza di interesse, del proprietario del veicolo, ad autorizzare la sostituzione, posto che il pagamento del lavoro veniva coperto dall’assicurazione; assenza di urgenza del lavoro, perché provata la disponibilità di altre autovetture» per il proprietario della ‘Renault Scenic’, e, infine, «tempestività della richiesta di spiegazioni dopo la scoperta del ‘fattaccio’». Buona fede. Questione chiusa? Assolutamente no. Perché i titolari dell’officina, nonostante l’obolo ‘minimal’ da versare all’automobilista, decidono di proporre ricorso in Cassazione, ribadendo la tesi della «autorizzazione del cliente al montaggio della portiera di un modello precedente della stessa autovettura», e aggiungendo che, comunque, avrebbe dovuto essere il proprietario del veicolo a «provare il dolo incidente e la violazione dei principi di correttezza e buonafede». Ma queste obiezioni vengono respinte in maniera netta dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali mostrano di condividere in pieno l’ottica adottata dalla Corte d’Appello, poggiata sulla acclarata installazione di una «portiera» non originale e sulla considerazione logica della mancanza di «interesse» dell’automobilista a «consentire l’utilizzo di una portiera di un precedente modello di vettura, peraltro modificata e da adattare, con svalutazione dell’automezzo acquistato un anno prima, atteso che il danno sarebbe stato risarcito dall’assicurazione». Senza dimenticare, poi, la mancanza di «urgenza di ottenere la restituzione del veicolo» e la «meraviglia» espressa dall’automobilista, una volta conosciuta la sgradevole ‘sorpresa’... Tutti questi elementi, come detto, sono assolutamente rilevanti. Altrettanto decisiva è la considerazione, evidenziano i giudici, che la «domanda di risarcimento» è da accogliere alla luce della «non conformità a buonafede dell’esecuzione del contratto, in quanto la sostituzione della portiera era avvenuta mediante la installazione di un ricambio pertinente ad un modello della medesima autovettura non più in produzione». Tale passaggio è fondamentale perché «la clausola di buonafede nell’esecuzione del contratto» rappresenta «un dovere giuridico autonomo a carico delle parti, a prescindere dalla esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da norme di legge»: di conseguenza, la «violazione» di tale «clausola di buonafede», concludono i giudici, «costituisce, di per sé, inadempimento, e può comportare l’obbligo di risarcire il danno che ne sia derivato». Per questo, sono state sufficienti «la prova del contratto di riparazione» e l’evidenza del comportamento dell’officina, «contrario a buonafede», per considerare legittima la richiesta di risarcimento avanzata dall’automobilista. 
Fonte: www.dirittoegiustizia.it /La Stampa - Portiera sostituita, ma con un ‘pezzo’ di un modello precedente: risarcito l’automobilista

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