martedì 10 ottobre 2017

Quattro anni di reclusione per il poliziotto che violentò una ragazza

Non può essere declassato a reato di minore gravità, quando lede la libertà sessuale di una persona e diventa ancora più odioso quando a compierlo è un pubblico ufficiale che abusa della propria posizione. Linea dura della Cassazione contro un ispettore di polizia accusato di aver violentato, cinque anni fa, una diciottenne fermata nel corso di un controllo antidroga. Nella sentenza 45530 depositata ieri (3 ottobre), la Suprema Corte ha confermato i quattro anni di reclusione già comminati dalla Corte di appello, più l'aggravante di aver abusato della vittima «nell'esercizio delle sue funzioni di commissario e all'interno del Commissariato in cui lavorava».
La vicenda - che per molti versi ricorda il più recente caso di Firenze, il cui iter giudiziario è ancora in corso - risale al 2013.
L'ispettore fu arrestato alcuni mesi dopo la violenza quando la ragazza, figlia di un carabiniere, si decise a raccontare l'abuso subito.
A nulla è valso il suo tentativo di difesa, incentrato sulla tesi del «consenso presunto» : ipotesi da escludere - secondo i giudici - nel caso di un abuso sessuale da parte di un ispettore di polizia nell'esercizio delle proprie funzioni.
I giudici, in particolare, si sono concentrati sullo stato d'animo della ragazza, fermata a bordo di un'autovettura su cui erano state caricate anche modeste quantità di hashish, e dunque in evidente stato di soggezione nei confronti dell'autorità.
Da parte della vittima non vi fu infatti alcuna resistenza alla violenza dell'uomo, per timore di danneggiare la posizione degli altri quattro ragazzi fermati con lei e in attesa, in una stanza attigua del commissariato, di ricevere un verdetto in merito alla presunta flagranza di un illecito.
In linea con quanto già stabilito dalla Corte di appello nel 2016, la Cassazione ha respinto anche la richiesta di declassare l'abuso a violenza sessuale di «minore gravità».

fonte:Cassa Forense - Dat Avvocato

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