sabato 25 febbraio 2017

Accordi di separazione: nullo il patto sull’assegno di divorzio

La corresponsione di una rilevante somma di denaro non può essere arbitrariamente valutata dal giudice come anticipazione sia dell'assegno di separazione che di divorzio.
La disposizione di cui all’art. 5 legge 898/1970 non è applicabile al di fuori del giudizio di divorzio, e gli accordi di separazione, dovendo essere interpretati "secondo diritto", non possono implicare rinuncia all'assegno di divorzio.
L'accordo sulla corresponsione "una tantum" richiede sempre una verifica di natura giudiziale.
La Corte di Cassazione - sentenza 30 gennaio 2017, n. 2224 - ha cassato la sentenza della Corte di Appello di Milano che aveva desunto dal pagamento di un’ingente somma di denaro avvenuta in corso di separazione tra i coniugi, l’esistenza di un accordo di corresponsione di mantenimento una tantum.
Il caso
Nell’ambito del giudizio di divorzio, la Corte d’appello di Milano aveva riformato la sentenza di primo grado revocando alla moglie l’assegno di mantenimento, dichiarando cessato l’obbligo di mantenimento del figlio maggiore e riducendo il mantenimento del figlio studente.
La Corte territoriale aveva posto a fondamento della propria decisione di revoca dell’assegno divorzile, la circostanza, avvenuta in corso di separazione personale dei coniugi, dell’avvenuto versamento da parte del marito in favore della moglie, della somma di quasi due milioni di euro.
Così facendo egli avrebbe inteso corrispondere alla donna quanto le sarebbe spettato a titolo di assegno di mantenimento e di assegno divorzile, dovendosi considerare che il predetto importo, per la sua consistenza, assorbiva, per almeno vent'anni, l’originaria richiesta di un assegno divorzile di 7.000 euro mensili già avanzata.
Quanto al figlio maggiorenne studente, non ancora autosufficiente, avendo lo stesso abbandonato gli studi universitari ed essendo alla ricerca di un lavoro, il padre avrebbe dovuto contribuire al suo mantenimento nella misura di 1.500 euro mensili, somma predeterminata sulla base della retribuzione media di un laureato al primo impiego.
La sentenza della Cassazione
La Corte suprema ha accolto tutti i motivi di ricorso evidenziando la contrarietà della pronuncia della Corte Milanese a un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.
In primo luogo non è corretto equiparare e unificare l’assegno di mantenimento nella separazione all’assegno divorzile, stante la diversità dei presupposti per il loro riconoscimento.
Ai sensi dell’art. 5 della legge sul divorzio, l'accertamento del diritto all'assegno divorzile deve essere eseguito verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati a un tenore di vita analogo a quello avuto durante il matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto.
La liquidazione in concreto dell'assegno, se il coniuge richiedente non è in grado di mantenere con i propri mezzi il suddetto tenore di vita, va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonché del reddito di entrambi, valutando tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio (cfr. ex plurimis, Cass. Civ. 15 maggio 2013, n. 11686).
A tal fine, occorre tenere in considerazione non soltanto i redditi e le sostanze del richiedente, ma anche a quelli dell'obbligato.
La Corte territoriale ha invece valorizzato, in maniera quasi esclusiva, il fatto della corresponsione della somma di quasi due milioni di euro, avvenuta nell'anno 2006, attribuendole la valenza di anticipazione non solo dell'assegno di separazione, ma addirittura di quello di divorzio.
La valutazione, definita come arbitraria, contrasta con l'orientamento della Cassazione secondo cui gli accordi preventivi aventi ad oggetto l'assegno di divorzio sono affetti da nullità perché stipulati in violazione del principio fondamentale d’indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, espresso dall'art. 160 c.c.
Comunque, l’accordo sulla dazione una tantum, avrebbe richiesto una verifica di natura giudiziale (Cass. Civ. 8 marzo 2012, n. 3635), che nella specie non c’è stata.
L’attribuzione di somme di denaro in favore della moglie, può rilevare ai fini dell’accertamento delle disponibilità patrimoniali della stessa, sempre che la somma sia rimasta nella sua disponibilità.
Infine, la Corte milanese avrebbe completamente omesso di valutare le condizioni economiche dell'onerato, importante imprenditore nel campo della produzione cinematografica.
Anche, per quanto attiene le decisioni circa il contributo al mantenimento dei figli maggiorenni, sono state accolte le censure della ricorrente.
Se si predetermina il contributo ancorandolo al reddito medio di un giovane laureato, si ha la totale disapplicazione del principio di proporzionalità e dei criteri stabiliti per la determinazione dell'assegno, con particolare riferimento alle esigenze attuali dei figli, al tenore di vita goduto in costanza di convivenza con i genitori, ai tempi di permanenza e alle risorse dei genitori stessi.

Fonte: www.altalex.com/Accordi di separazione: nullo il patto sull’assegno di divorzio | Altalex

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