martedì 16 agosto 2016

Per essere imprenditore commerciale (e fallire) non è necessario lo scopo di lucro

Per la Corte di Cassazione, il dettato dell’art. 2545-terdecies del Codice Civile che dispone che le società cooperative possono essere soggette a procedura fallimentare qualora “svolgano attività commerciale”, deve essere inteso in senso oggettivo, essendo necessario ricercare il carattere dell’economicità in parametri concreti e obiettivi, vale a dire la proporzionalità tra costi e benefici (cd. lucro oggettivo). Non è invece presupposto indispensabile ai fini di tale qualifica l’operare spinti da uno scopo di lucro, di conseguenza il fine mutualistico può considerarsi totalmente compatibile con questa forma oggettiva di economicità, anche quando l’attività della cooperativa sia destinata esclusivamente ai soci. Così ha deciso la Cassazione nell’ordinanza n. 14250/2016.
La vicenda. A seguito del rigetto del reclamo proposto alla Corte d’appello di Perugia avverso la dichiarazione di fallimento pronunciata dal Tribunale di Terni, la società cooperativa protagonista della vicenda ricorre in Cassazione contestando la violazione e falsa applicazione della normativa fallimentare (articoli 5 e 15 della Legge fallimentare) e del menzionato articolo 2545-terdecies del Codice Civile.
In particolare, veniva messo in evidenza dalla ricorrente come la società cooperativa, in ragione del suo carattere di mutualità prevalente risultante dai verbali d’ispezione, non potesse essere sottoposta alla procedura fallimentare poiché mancante di uno dei presupposti indispensabili per essere soggetta alla procedura, ovvero la qualità di imprenditore commerciale richiesta sia dalla normativa civilistica (art. 2545-terdecies c.c.) sia da quella fallimentare (art. 1 l. fall).
Non è rilevante lo scopo di lucro. La Cassazione dichiara il ricorso manifestamente infondato rilevando che per il riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale non risulta essere essenziale lo scopo di lucro (cd. lucro soggettivo), ma è sufficiente una obiettiva economicità dell’attività esercitata, da intendersi nel senso di proporzionalità tra costi e benefici (cd. lucro oggettivo), requisito quest’ultimo che, non essendo inconciliabile con il fine mutualistico, può ben essere presente nella società cooperativa, anche quando essa operi solo nei confronti dei propri soci.
In conclusione, la cooperativa a finalità prevalentemente mutualistica, qualora svolga un’attività da intendersi commerciale alla luce dei principi affermati dai Giudici di legittimità, può essere soggetta alla procedura fallimentare qualora si trovi in uno stato d’insolvenza, ravvisabile in una sproporzione tra l’attivo e il passivo.

Fonte: www.ilfallimentarista.it/Per essere imprenditore commerciale (e fallire) non è necessario lo scopo di lucro - La Stampa

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