venerdì 1 luglio 2016

Ricostruito il legamento, nessun beneficio. Nuovo intervento necessario. Condannato il medico autore della prima operazione

Operazione effettuata. Per la paziente, però, nessun beneficio. Necessario, perciò, un secondo passaggio in sala operatoria, questo sì finalmente risolutivo.

Inevitabile per il medico autore del primo intervento chirurgico l’assunzione della responsabilità per l’errore compiuto. Consequenziale la sua condanna – assieme alla Casa di cura – a versare un adeguato risarcimento. Così ha deciso il Tribunale di Roma con la sentenza n. 12776 del 23 giugno 2016.

Sala operatoria. A dare il via alla catena di eventi, poi approdata nelle aule del Tribunale di Roma, una brutta caduta di cui è vittima una donna. Le ripercussioni sono assai serie, e richiedono addirittura «un intervento chirurgico per la ricostruzione del legamento crociato del ginocchio destro».

L’approdo in una Casa di cura, però, non si rivela subito fruttuoso. Il «primo intervento» non porta alcun «beneficio» alla donna, costretta, ovviamente, a sottoporsi a una «seconda operazione chirurgica».

Il nuovo passaggio in sala operatoria è finalmente risolutivo: conclusa senza intoppi la «ricostruzione del legamento». Tuttavia, la donna dovrà comunque fare i conti con i problemi provocati dalla prima malriuscita operazione. E ciò dà il ‘la’ alla battaglia giudiziaria contro il chirurgo e la struttura.

Errori. Per valutare appieno la gestione del primo intervento il giudice fa riferimento alla «relazione» del consulente tecnico d’ufficio. La documentazione è chiarissima: da un lato, «l’aver effettuato un intervento di ricostruzione del legamento su ginocchio immobilizzato da circa un mese e con apparato muscolare ipotonico costituisce la premessa di un fallimento, ovvero di un cattivo risultato», e, dall’altro, nella «esecuzione» si ravvisa un evidente «errore di posizionamento della vite di fissazione tibiale che appare essere troppo anteriore e mediale» e tale da «impedire la completa estensione del ginocchio» e da «favorire la rottura del trapianto». Peraltro, viene ancora evidenziato nella relazione, «il posizionamento errato del ginocchio nel postoperatorio e la sua mancata protezione sollecitavano il nuovo legamento e inducevano stress sulla fissazione, provocandone l’allungamento».

Evidente, ad avviso del consulente, che anche nella «seconda fase» vi sono stati «profili di criticità», poiché «la non corretta tutela del ginocchio ha agito da ulteriore elemento di pregiudizio sul trapianto già di per sé instabile».

Davvero evidenti gli «errori» commessi dal medico responsabile della «prima operazione», errori che hanno provocato problemi seri alla paziente. Logica la condanna del professionista a un adeguato «risarcimento» – comprensivo anche dei 4mila euro pagati per l’operazione – quantificato in oltre 12mila euro. La cifra sarà a carico, per un quinto, anche della Casa di cura: essa, infatti, «ha comunque il compito di selezionare, controllare e adeguare costantemente la scelta dei medici che operano al suo interno».

Sul fronte economico il ragionamento è semplice: se la persona danneggiata «fosse stata in possesso» del denaro ‘bloccato’ tra operazione e successiva invalidità, ella «le avrebbe verosimilmente impiegate secondo i modi e le forme tipiche del piccolo risparmiatore, in parte investendole nelle forme d’uso di tale categoria economica (ad esempio, in azioni ed obbligazioni, in fondi, in titoli di Stato o di altro genere), ricavandone i relativi guadagni», e così, «oltre a porre il denaro al riparo dalla svalutazione», vi sarebbe stato «un guadagno (che invece è mancato) e che pertanto è giusto e doveroso risarcire».

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Ricostruito il legamento, nessun beneficio. Nuovo intervento necessario. Condannato il medico autore della prima operazione - La Stampa

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