mercoledì 3 febbraio 2016

Risarcimento del danno ridotto per gli eredi del congiunto che decede per cause autonome all'illecito subito

Con la sentenza n. 679 del 2016 la Corte di Cassazione civile ha cristallizzato un principio ormai noto in giurisprudenza. Tale assunto consiste nel sostenere che, in caso di richiesta di risarcimento del danno da parte di eredi di una vittima di malasanità, la valutazione della quantificazione del danno deve essere effettuata considerando "l'effettiva durata della vita del de cuius". Per fare chiarezza in merito, è necessario analizzare il caso di specie. Tale fattispecie si esplicava in una richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale e morale da parte degli eredi di un soggetto che, nell'anno 2006 era stato sottoposto ad un'operazione chirurgica celebrale a seguito della quale aveva avuto delle complicanze che i medici avevano trattato tardivamente. Due anni dopo l'intervento, il paziente era deceduto per cause però non riconducibili a tale operazione. Gli eredi convenivano, di fronte al Tribunale di Trieste, l'Azienda sanitaria responsabile dell'operazione, intraprendendo così un'annosa battaglia giudiziaria che venne trascinata sino in Cassazione. Nello specifico l'istanza iniziale dei ricorrenti verteva sulla richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale (danno biologico) che spettava loro "…per l'invalidità temporanea e permanente…subito dal loro congiunto…in conseguenza del tardivo trattamento di un idrocefalo, determinatosi in esito ad un intervento chirurgico per tumore benigno al cervello praticatogli dai medici dell'Azienda convenuta" e di danno morale "… per la ridotta speranza di sopravvivenza del loro congiunto…". Una volta giunto il caso in Cassazione, gli ermellini, tra l'altro si ponevano il problema se in virtù del ravvicinato decesso della vittima di malasanità, quest'ultima dovesse vedersi diminuito l'entità del risarcimento del danno in ragione del tempo intercorso tra l'evento ( errore medico) e la morte del de cuius. In particolare i giudici della Suprema Corte, riguardo tale quesito, dichiaravano quanto segue: "…la valenza dell'operazione muove dall'esplicito rilievo che le lesioni invalidanti non erano da porre in relazione causale con il decesso e dall'ulteriore considerazione che la durata di tale danno permanente era accertato in gg. 693..." In merito a tale costatazione facente riferimento al danno permanente, gli ermellini confermavano quanto precedentemente pronunciato in secondo grado. La Corte d'Appello, invero, dichiarava che essendo la morte del malato incorsa 693 giorni dopo l'operazione a cui era stato sottoposto " l'incidenza della menomazione permanente sull'esplicazione della sua personalità andava risarcita non già con calcolo probabilistico sull'aspettativa di vita residua, bensì sull'effettiva durata della vita successiva". Ovvero, il risarcimento del danno degli eredi doveva essere calcolato sulla base dei giorni in cui il de cuius era ancora in vita fino al momento del decesso.

Attraverso tale commisurazione del danno, però ai ricorrenti veniva attribuito un risarcimento nettamente inferiore rispetto all'ipotesi in cui il danno fosse stato calcolato sulla base di una "valutazione probabilista connessa con l'ipotetica durata della vita del soggetto danneggiato", la quale molto probabilmente si sarebbe verificata se il soggetto fosse deceduto per ragioni riconducibili all'illecito. In conclusione, la Corte di Cassazione attraverso tale sentenza intendeva, tra l'altro, fare propria una giurisprudenza ormai consolida che si era espressa diverse volte in merito a fattispecie come quella in esame. In particolare, sembrerebbe opportuno menzionare in questa sede la pronuncia del 2011 n. 2297 della Cassazione Civile in cui gli ermellini si esprimevano nel seguente modo,in riferimento ad un caso simile a quello in analisi e, precisamente in merito alla commisurazione del danno biologico dichiaravano: "…il danno biologico, che gli eredi del defunto richiedono iure successionis va calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita del defunto, ma alla sua durata effettiva, pur tenendo conto del fatto che nei primi tempi il patema d'animo è più intenso rispetto ai periodi successivi… ".

Ed ancora un'altra sentenza della Cassazione Civile risalente al 2008 n. 29191 dichiarava: "...La morte della vittima per cause indipendenti dalla lesione originaria incide sulla valutazione del danno biologico futuro che resta tale nella sua integrità sino al tempo del decesso, come debito valore. Pertanto la riduzione non opera, però, sulla determinazione del danno biologico statico (consolidamento dei postumi al tempo della vita e riconoscimento della invalidità) ma solo sulla determinazione del danno biologico globale, considerato ai valori attuali al tempo della decisione… in relazione alla estinzione del danno futuro a seguito dell'improvviso decesso".

In sostanza quindi, sembrerebbe corretto affermare che i parametri utilizzati per la ommisurazione del danno biologico, fanno riferimento ad una realtà effettiva che varia pertanto in base ai singoli casi specifici e che il giudice è tenuto sempre ad esaminare con massima prudenza.

fonte: www.ilsole24ore.com//Risarcimento del danno ridotto per gli eredi del congiunto che decede per cause autonome all'illecito subito

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