venerdì 14 agosto 2015

Rapporto sentimentale duraturo ma non stabile: le aggressioni non sono maltrattamenti contro familiari

Un rapporto sentimentale duraturo, ma non caratterizzato da stabilità e affidamento reciproco non integra il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 32156/15.

Il caso

La Corte d’appello di Milano confermava la responsabilità di un uomo per una serie di reati, tra cui quello di maltrattamenti contro familiari o conviventi, disciplinato dall’art. 572 del codice penale. Il condannato proponeva ricorso in Cassazione sostenendo l’insussistenza del reato a causa dell’assenza di un vincolo matrimoniale, o di convivenza o di comunione di vita dell’interessato con la parte offesa, nonostante la comune attività economica, che non aveva comunque la struttura dell’impresa familiare.

La Corte conferma il fatto che siano avvenuti atti aggressivi, fisici e verbali, ma sostiene che non siano qualificabili come condotte punibili ai sensi dell’art. 572 c.p.. Infatti, tra il ricorrente e la parte lesa non si è mai instaurata una convivenza, sussistendo esclusivamente un legame sentimentale, con carattere non continuativo. Tale rapporto ha portato i due soggetti a condividere alcuni episodi della loro vita e a prestarsi assistenza, ma in episodi dal carattere accidentale e che non possono considerarsi programmati. Non hanno mai condiviso l’abitazione e la comunanza di interessi di maggior stabilità derivava da un rapporto di affari, in cui la donna si era offerta come legale rappresentante della società costituita insieme.

La maggior parte degli atti aggressivi di natura sia verbale che fisica, sono avvenuti proprio a causa di contrasti relativi alle modalità di gestione dell’attività e ciò non consente di correlarli univocamente a quell’atteggiamento di costante prevaricazione e squalificazione del componente del nucleo familiare, che connota di tipicità il reato contestato. La fattispecie prevista dall’art. 572 c.p. è circoscritta ad attività di natura abituale che maturino nell’ambito di una comunità consolidata – famiglia, piccola azienda, contesti nei quali si realizza un affidamento di natura precettiva o di accudimento, con caratteri di tendenziale stabilità – la cui specifica elencazione, oltre a porre all’interprete dei rigidi criteri ermeneutici, connessi all’esigenza della necessaria tipicità della fattispecie penale, impone di ricercare le caratteristiche tipiche di tali condotte anche nelle situazioni ad esse assimilabili.

Il concetto di famiglia si è infatti ampliato: ora, prendendo atto dell’evoluzione sociale e delle nuove modalità di organizzazione della vita personale, comprende anche la famiglia di fatto. Fondamentale, per la Corte, è che in tali formazioni vi siano quei caratteri di sostanziale stabilità derivanti da manifestazioni concrete, quali, per l’appunto: la scelta di condividere un’abitazione o la costanza nella prestazione della mutua assistenza, idonee ad evidenziare una stabile scelta di assunzione di responsabilità dell’uno nei confronti dell’altro.

Questa condizione, generando affidamento tra le parti, può indurre a creare rapporti di forza che trasmodino nell’esercizio di violenza fisica o verbale e portino alla minore reazione della vittima, che, proprio a causa della stabilità del vincolo o della materiale costante assistenza, non ritenga opportuno reagire, o non sia in grado di farlo (v. sez. VI, n. 22915/2013). Il legislatore è stato spinto proprio dalla considerazione di tali circostanze (la facile incubazione, nei nuclei sociali ristretti, di gravi forme di prevaricazione e la maggiore difficolta di reazione della vittima) ad assicurare una forma di tutela rafforzata, tanto più essenziale in ragione della riconosciuta valenza costituzionale delle formazioni sociali. Alla luce di queste considerazioni, la Corte non ritiene che il rapporto descritto sia riconducibile alla figura normativa e pertanto annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi perché il fatto, così qualificato, non sussiste.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Rapporto sentimentale duraturo ma non stabile: le aggressioni non sono maltrattamenti contro familiari - La Stampa

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