domenica 5 luglio 2015

Rapporto Emilia-Romagna: recessione addio, (forse) si riparte

«Prima il terremoto, poi l'alluvione: in effetti non ci siamo fatti mancare nulla». Stefano Foschieri è di buonumore, nonostante tutto. L'ultimo incontro, tre anni fa, lo abbiamo tenuto a Medolla in un container, davanti allo stabilimento Eurosets, gravemente danneggiato dal sisma che a maggio di quell'anno aveva investito l'Emilia-Romagna. Oggi l'azienda è al nuovo record di ricavi, 26 milioni, sta per inaugurare il nuovo sito da 11mila metri quadri, avvia le esportazioni in Cina, si prepara a nuove assunzioni. «In effetti - spiega l'ad di Eurosets - poteva anche andarci peggio». In termini di calamità naturali pare difficile (dopo il sisma del 2012, l'alluvione di gennaio 2014 ha danneggiato la sede provvisoria di Bastiglia); in ogni caso il racconto dell'azienda è una buona sintesi di ciò che accade sul territorio, con l'intero distretto biomedicale di Mirandola capace di rialzarsi dopo lo shock, riprendere la produzione grazie a nuovi investimenti di aziende italiane e multinazionali, realizzare i nuovi massimi in termini di produzione.
Ma è l'intera Emilia-Romagna che ora prova ad invertire la rotta, dopo anni di crisi che hanno messo in difficoltà una delle aree chiave della manifattura nazionale. Nelle stime di Prometeia il Pil regionale crescerà nel 2015 dell'1,1%, i consumi di quasi due punti, l'export di oltre cinque, la disoccupazione scenderà all'8,2%: in tutti i casi si tratta di numeri migliori della media nazionale.
Prospettive migliori anche sugli investimenti, in crescita dell'1,5% già nel 2014 e indicati ancora in aumento nelle stime recenti di Banca d'Italia, così come in crescita nei primi tre mesi del 2015 è anche la produzione industriale.
La Regione riparte aggrappandosi ai propri punti di forza, con una serie di specializzazioni produttive che rappresentano spesso eccellenze globali, capaci però a loro volta di incrociare e alimentare importanti pezzi di filiera locale. Il settore agroalimentare ne è un esempio, con i distretti delle Dop agganciati a monte ai costruttori di macchine agricole e a valle ad una fiera di riferimento globale (Cibus), filiera che si completa con produttori di scala mondiale (come Barilla e Granarolo) e costruttori di macchinari in grado di impacchettare ogni possibile alimento o liquido, leader mondiali arrivati a livello settoriale al record storico di vendite.
Lo sviluppo verticale delle filiere è evidente anche nelle piastrelle, con una rete di costruttori di impianti che può contare “sull'uscio di casa” sulla presenza di brand leader mondiali nei prodotti di qualità, a loro volta in grado (vedi i 100 milioni investiti dai nuovi proprietari Usa di Marazzi) di restare agganciati alla frontiera tecnologica grazie ai propri vicini, con un'assistenza che per definizione è svolta “a chilometri zero”. Scenario analogo nella meccanica, dove i brand più blasonati della Motor valley (Ferrari, Ducati, Lamborghini, Maserati) esistono e resistono anche in virtù della fitta rete di fornitori locali della meccanica, una rete di competenze e flessibilità difficilmente replicabile altrove.
Un tessuto produttivo formidabile, che supera in più di una circostanza le debolezze croniche del sistema-Italia, cioè le ridotte dimensioni aziendali e la carenza di brand manifatturieri, e che tuttavia ha pagato un pesante dazio alla crisi, in termini relativi persino superiore rispetto a quanto accaduto in Italia. Pur mantenendosi sempre al di sotto della media nazionale, tra il 2007 e oggi il tasso di disoccupazione in regione è quasi triplicato, uno shock per chi era abituato a leggere numeri (2,8% nel 2007) che avrebbero fatto invidia persino a Washington.
Il “fondo” pare però toccato e pur con tutte le cautele indotte dai recenti “stop and go” delle statistiche gli ultimi dati paiono indicare una confortante inversione di rotta. Realizzata in buona parte grazie alla spinta internazionale, motore principale degli “incroci” locali tra pezzi di filiere, che trovano spesso il proprio sbocco primario, direttamente o meno, oltreconfine. Una strategia che tradotta in numeri porta la regione al nuovo record storico nell'export: 53 miliardi di euro lo scorso anno (+45% dai minimi recenti dell'abisso del 2009), con uno sviluppo quasi interamente “targato” extra-Ue, mercati in grado di lievitare di oltre quattro miliardi di euro in sei anni. Una crescita (+3,7% nel primo trimestre 2015) superiore alla media nazionale, che porta la regione a valere oggi il 13,5% dell'export italiano, oltre due punti in più rispetto a quanto accadeva 20 anni fa.
Una spinta in più arriverà nei prossimi anni anche dalla produzione del nuovo Suv Lamborghini, con lo stabilimento di S.Agata Bolognese capace di battere la concorrenza slovacca e tedesca grazie ad un'azione corale che ha coinvolto Governo, Regione e sindacati, capaci di firmare un contratto integrativo con dosi aggiuntive di flessibilità. Un esempio di “sistema” che funziona, con il risultato finale di creare nuovi posti di lavoro diretti e indiretti. «Ottima notizia - spiega Marco Pignatti, direttore e socio della Carrozzeria Imperiale, 150 addetti e 15 milioni di ricavi - perché significa più lavoro per l'indotto. Lamborghini per noi vale il 95% dei ricavi, se abbiamo superato il terremoto, se siamo al nuovo record di vendite lo dobbiamo anzitutto a loro. A fine mese noi inauguriamo il nuovo impianto, un investimento da 5 milioni con 30 nuovi posti di lavoro. Scommessa che abbiamo fatto rischiando anche un po'». Scelta per fortuna non isolata, con la sensazione che sul territorio la voglia di rischiare ed investire stia infine ritrovando slancio.
Fonte: www.ilsole24ore.com/LucaOrlando//Recessione addio, (forse) si riparte - Il Sole 24 ORE

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