martedì 14 luglio 2015

Atti di donazione: gli effetti del nuovo articolo 2929-bis del Codice Civile

Il Decreto legge 27 giugno 2015 n. 83 ha, tra l'altro introdotto una norma codicistica, che vale ad integrare il panorama tecnico-giudiziale della azioni esecutive immobiliari e su beni mobili registrati, l'art. 2929-bis, del seguente letterale tenore: « Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, ad esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza di vittorioso esperimento dell'azione revocatoria, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l'atto è stato trascritto.

La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole, interviene nell'esecuzione da altri promossa.

Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l'azione esecutiva nelle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario.

Il debitore, il terzo assoggettato ad espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all'esecuzione di cui al Titolo V del Libro III del Codice di procedura Civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonché la conoscenza, da parte del debitore, del pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore».

Fin qui il dato letterale della disposizione. Tenendo da parte gli atti di destinazione, gli atti costitutivi di fondo patrimoniale ed i trust che, pur indirettamente richiamati dalla normativa in esame, costituiscono, tutto sommato, fattispecie relativamente marginali rispetto alla normale pratica quotidiana, non si può fare a meno di constatare come tale novità legislativa ponga un ulteriore gravissimo problema in ordine alla effettiva efficacia dell'atto di donazione e dell'atto a titolo gratuito in genere.

Come se non bastassero le questioni che l'atto dispositivo a titolo gratuito, effettuato con animo liberale, poneva già, con riferimento all'eventualità di una lesione di legittima perpetrata, con l'atto di donazione, a danno di legittimari preteriti o addirittura pretermessi, questione alla quale la novella di cui alla legge 14 maggio 2005 n. 80, peraltro, non ha offerto grandissime sostanziali tutele, l'introduzione della novella in esame, conduce senz'altro, ad una serie di riflessioni.

E' opportuno immediatamente individuare, al di là di una lettura più approfondita della norma, quale sia il perimetro in cui la disposizione trova il suo possibile azionamento. La sostanza di quanto sopra normativamente riportato, rende, in poche parole, pignorabile, da parte del creditore del disponente, che assuma l'esistenza di un danno derivante allo stesso dall'atto dispositivo a titolo gratuito posto in essere dal proprio debitore, il bene da quest'ultimo alienato a titolo gratuito; e ciò, indipendentemente dal preventivo esperimento dell'azione revocatoria che, prima della novella, costituiva presupposto indefettibile alla reazione del creditore danneggiato.

E' evidente, in primo luogo, come la norma in esame, determini, quale suo primo effetto, una pratica inversione dell'onere della prova. Se, infatti, in sede di revocatoria, è il creditore che deve dimostrare il danno patito e quindi ottenere la conseguenziale declaratoria di inefficacia relativa dell'atto posto in essere, qui, invece, il creditore può direttamente agire in esecuzione, alla sola condizione di disporre di un titolo esecutivo, senza dover dimostrare il danno patito, e alla ulteriore condizione di trascrivere il pignoramento nel termine di un anno dalla trascrizione dell'atto lesivo.

Sul punto si pone un primo dubbio. Se la disposizione di cui alla novella subordina l'azione esecutiva all'assunto danno patito dal creditore, sembrerebbe che – in piena coerenza con quell'inversione dell'onere della prova di cui si è poc'anzi accennato - basti una semplice dichiarazione del creditore con la quale egli assuma di avere ricevuto un danno dall'atto dispositivo compiuto dal proprio debitore, senza necessità di provare o dimostrare il danno subito e la correlazione di questo con l'atto donativo posto in essere. Se così è, pare doversi concludere che l'unica difesa del debitore, potrà essere esclusivamente esercitata nell'ambito del processo esecutivo, con regolare opposizione agli atti esecutivi, dovendo, e però, dimostrare, proprio egli debitore, che l'atto dispositivo posto in essere non abbia determinato alcun nocumento alla garanzia generica offerta, dal proprio patrimonio, al creditore, sulla scorta del principio generale di cui all'articolo 2740 C.C.

In secondo luogo, è opportuno considerare come, in conseguenza di quanto disposto dal secondo comma della norma che qui si esamina, analogo potere di agire con l'azione esecutiva sul bene oggetto dell'atto dispositivo viene letteralmente conferito anche al creditore anteriore rispetto all'atto donativo, attraverso una insinuazione nella procedura esecutiva da altri già aperta, potendo, egli, ugualmente contestare, con i medesimi mezzi e negli stessi termini, l'atto dispositivo a titolo donativo. Sicché, il compimento di un atto a titolo gratuito, consente, ad un qualsiasi creditore, di insinuarsi in una pregressa procedura esecutiva, aperta da altri, alla quale, in prima battuta, il bene oggetto di alienazione gratuita era estraneo, potendo immediatamente coinvolgere il bene alienato nell'espropriazione forzata, alla sola condizione di agire entro un anno dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole.

Il corollario di quanto da ultimo riferito conduce a considerare senza rilevanza l'effettuato accertamento notarile, preventivo rispetto all'atto dispositivo, circa l'estraneità del bene donato, o di cui si è disposto a titolo gratuito, da qualsiasi pignoramento, anche qualora il disponente risultasse assoggettato ad una procedura esecutiva non concorsuale alla quale l'oggetto dell'atto di disposizione fosse rimasto estraneo.

Non pare, dipoi, di poco momento, l'ampiezza terminologica utilizzata dal legislatore, il quale non riferisce l'eccezionale potere di azione del creditore soltanto agli atti di natura donativa e quindi caratterizzati da una causa squisitamente liberale, ma, più in generale, alle alienazioni (di beni immobili o di beni mobili registrati) a titolo gratuito. Di guisa che, per un verso, non potendo considerarsi l'atto di donazione come una categoria davvero autonoma rispetto alla categoria generale degli atti a titolo gratuito, è evidente come anzitutto nella considerazione della novella rientri sicuramente l'atto a titolo liberale. Per altro verso, un'estensione della lettera normativa così ampia e generica, coinvolge senz'altro nella considerazione degli effetti della novella anche altre fattispecie, diverse dall'atto donativo puro, ma rientranti nell'ampia categoria degli atti a titolo gratuito.

E' ovvio che, proprio l'ampiezza della portata letterale del nuovo articolo 2929-bis C.C., comporta una pressoché infinita rappresentazione di situazioni-limite ove il dubbio che l'atto dispositivo possa essere “aggredito” dal creditore, in dipendenza di quanto previsto dalla novella in esame, è un dubbio più che legittimo. Pertanto le questioni qui affrontate, e a cui si cercherà di dare una risposta plausibile, non consentono ovviamente di chiarire l'intero contesto di scarsa limpidezza in cui la disposizione stessa si colloca. Tuttavia vale la pena porre qualche accenno sui casi più eclatanti e, se non altro, che più frequentemente si pongono al cospetto della realizzazione di una perfetta prestazione notarile.

Ci si può chiedere, in primo luogo, se i rischi connessi ad una inefficacia, almeno temporale, dell'atto di donazione (duratura per il margine di un anno corrispondente al tempo in cui il creditore può validamente trascrivere il pignoramento), possano estendersi anche ad ipotesi diverse da quelle che tecnicamente possano definirsi “donazioni pure”. E' il caso, per esempio, delle ipotesi delle donazioni indirette. Qui è lapalissiano come il meccanismo strutturale e sostanziale non sia troppo lontano dalla donazione diretta di una somma di denaro. Solo la sua struttura redazionale, utilizzata essenzialmente per finalità di natura fiscale, al fine soprattutto di giustificare la capacità contributiva di chi acquista, sembra modificare la fattispecie che, invece, devesi riconnettere comunque ad un normale atto di donazione. La giurisprudenza, peraltro, si è espressa frequentemente sul punto, affermando come ultimo oggetto della donazione (e qui sotto l'aspetto della possibile azione di riduzione e di restituzione) non sia costituito dall'immobile, diversamente da ciò che accadesse se oggetto del contratto donativo fosse una somma di denaro all'uopo donata direttamente al beneficiario in funzione dell'acquisto immobiliare che questi debba perfezionare, anche in tempo futuro. Pertanto, dal momento che la norma del novello articolo 2929-bis C.C., fa riferimento esclusivamente ad atti a titolo gratuito aventi per oggetto beni mobili registrati o beni immobili, sembra doversi escludere che la donazione indiretta, ponendosi in rapporto di pura connessione con l'acquisto, a titolo oneroso di un immobile da parte del beneficiario dell'atto donativo (indiretto appunto) possa farsi rientrare nel meccanismo della fattispecie regolata dalla novella.

Più complessi sono forse le ipotesi del negotium mixtum cum donatione ed altresì, nonostante qualche legittimo dubbio, il caso in cui, in sede di separazione personale o divorzio, i coniugi abbiano, nei loro accordi di natura patrimoniale, previsto la cessione, a titolo gratuito appunto, sebbene non donativo, della casa coniugale (o di parte di essa) dall'uno, all'altro.

Quanto al negozio mixtum cum donatione, laddove, a prescindere dalla pur rilevante considerazione di quale aspetto negoziale sia maggiormente preponderante (se la vendita o la donazione, stante l'irrisorietà della controprestazione rispetto al reale valore del bene compravenduto), è ovvio come anche in tale fattispecie la rilevanza del negozio donativo, sia pure a causa mista, non possa non comportare le medesime conseguenze di quelle prospettate dalla norma in esame. La questione sarebbe soltanto quella di stabilire, in sede esecutiva, quale porzione del bene (rectius: quale valore del bene) possa giustificare gli esiti di una donazione sotto il profilo dell'esecutività. Si tratta, con ogni probabilità, di una valutazione che potrà essere compiuta, in mancanza di una preventiva necessaria azione revocatoria, solo dal giudice delle esecuzioni (e non dal giudice di merito), salva sempre la possibilità di una giustificata opposizione all'esecuzione allorché si dimostrasse che il valore del bene effettivamente pagato superi di gran lunga quel valore che, non essendo stato debitamente pagato in quanto non considerato nel corrispettivo della cessione, abbia dato luogo ad una causa contrattuale mista di vendita e donazione.

Maggiori problematiche, a parere di chi scrive, devono prospettarsi per il caso delle alienazioni gratuite dipendenti da accordi patrimoniali raggiunti tra i coniugi in sede di separazione personale o divorzio. Posto che su tale punto, non è dato rispondere con alcuna certezza, si pone qui il legittimo dubbio circa l'effettiva applicabilità della norma, in quanto l'atto dispositivo, a ben vedere, prescinde sicuramente da una causa liberale, ma prescinde altresì, ed è altrettanto distante, da una mera causa gratuita, tale intesa quella che, a prescindere dalla volontà di arricchire il patrimonio del beneficiario, costituisca nel disponente la mera volontà di disfarsi di un diritto senza ricevere alcuna controprestazione. Invero, nell'ambito dei rapporti patrimoniali tra coniugi in sede di separazione personale, gli aggiustamenti economici convenuti tra gli stessi, coinvolgono interessi precipui che attengono al soddisfacimento di esigenze collegate alla famiglia e al disfacimento della stessa e che, pertanto, nulla hanno a che vedere con volontà negoziali attinenti alterazioni del patrimonio del singolo per quelle finalità meramente economiche, dirette o indirette, che normalmente reggono la causalità degli atti dispositivi nella ordinaria contrattualistica. Di più: l'intervento omologatorio dell'Autorità giudiziaria o addirittura l'intervento di una sentenza giudiziale, dovrebbe valere, nella considerazione della coerenza delle scelte fatte dai coniugi con gli effettivi interessi della famiglia, anche nel momento della sua dissoluzione, a “coprire” di piena liceità, validità e definitiva efficacia, l'atto dispositivo a titolo gratuito, ponendo lo stesso al riparo da ogni possibilità che il creditore possa dimostrare la superiorità del proprio interesse, rispetto a quello della famiglia, delle condizioni del coniuge più debole, dei figli.

Il tutto, naturalmente, sempre sotto la più attenta valutazione, che tuttavia fuoriesce dalle competenze e dai controlli notarili, circa la concreta corrispondenza della separazione personale ad un'effettiva impossibilità dei coniugi a proseguire la propria convivenza matrimoniale, laddove, non è raro, in effetti, soprattutto nelle contingenze della attuale crisi economica, imbattersi in situazioni in cui, per i più variegati motivi, la separazione personale si possa addirittura rappresentare, al soggetto in stato di insolvenza, quale unica ed extrema ratio per ovviare ai rischi concreti di una debacle patrimoniale definitiva.

Per concludere questa breve disamina, è opportuno soffermarsi ancora su due sostanziali aspetti generati dall'atto dispositivo a titolo gratuito.

In primo luogo rimane del tutto controversa la questione se la pignorabilità, da parte del creditore, del bene oggetto dell'atto dispositivo a titolo gratuito, possa invadere la sfera patrimoniale del terzo. E' evidente che, per terzo, deve intendersi colui che è estraneo al contratto intercorso tra disponente e beneficiario, altrimenti la portata della novella non avrebbe alcun senso. In altri termini, laddove la norma prevede la possibilità di esperire l'esecuzione forzata, da parte del creditore, pregiudicato da un atto di alienazione (a titolo gratuito) compiuto dal debitore, è ovvio che il destinatario dell'esecuzione forzata non può che essere il beneficiario dell'atto dispositivo a titolo gratuito (ovvero il donatario), essendo, ormai, il bene, fuoriuscito dal patrimonio del debitore. Ora, se così è, come è, laddove la norma afferma che: «Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione [si intende sempre a titolo gratuito], il creditore promuove l'azione esecutiva nelle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario», sostenere che il legislatore si sia voluto riferire, con il termine “terzo”, al beneficiario dell'atto dispositivo a titolo gratuito, sembra alquanto discutibile.  E' vero che se la nuova norma dovesse riguardare una pignorabilità del bene alienato, anche qualora il bene fosse uscito dalla sfera patrimoniale del beneficiario dell'atto a titolo gratuito con il quale sia stato perpetrato il danno nei confronti del creditore, si tratterebbe di una vera rivoluzione ai principi generali ed, in primo luogo, di una vera e propria “violenza” normativa al principio consacrato nell'articolo 2740 C.C., ma è altrettanto vero che, se così non fosse, la concreta portata della norma sarebbe del tutto relativa. Infatti, una pignorabilità come quella disposta dal nuovo art. 2929-bis C.C., se non assistita da quella sorta di diritto di seguito o di sequela che rende “reale” il diritto all'esperimento dell'azione esecutiva da parte del creditore, non troverebbe alcuna sostanziale tutela del creditore medesimo allorché, in presenza di un effettivo pericolo di “rivendica” del bene, che il beneficiario dell'atto dispositivo ha acquisito al proprio patrimonio, da parte del creditore, legittimerebbe il beneficiario dell'atto a porre in essere, a sua volta, un ulteriore atto di dismissione del bene (magari a mezzo di una mera intestazione fittizia a favore di un “uomo di paglia” o di una “testa di legno”) idoneo a mettere in sicurezza il bene medesimo da ogni pretesa da parte del creditore danneggiato.

Ora, se da un lato, come si accennava poc'anzi, l'articolo 2929-bis C.C., consentisse questa sorta di diritto “di seguito” o di “sequela”, al pari di una forma di garanzia ipotecaria, significherebbe che la norma medesima abbia scardinato quei principi generali che ineriscono la certezza dell'acquisizione del diritto in capo al terzo, con le spaventose conseguenze che ne deriverebbero, dall'altro lato, tuttavia, verosimilmente, la nuova disposizione pone un rimedio, a favore del creditore, del tutto eccezionale che, come tale, avrebbe dovuto essere contenuto entro convenienti limiti perimetrali che, al contrario, la norma non pone. La disposizione in parola autorizza esclusivamente l'espropriazione forzata a vantaggio del creditore munito di titolo esecutivo in presenza di un atto dispositivo di diritti a titolo gratuito, compiuto successivamente al sorgere del credito, alla sola condizione dell'avvenuta trascrizione del pignoramento entro l'anno dalla trascrizione dell'atto dispositivo lesivo dei diritti del creditore. E' evidente, quindi, nel silenzio della norma, che tale esecutività possa essere intrapresa, sicuramente a danno del beneficiario dell'atto lesivo,  ma nessuno impedisce che, qualora il donatario, avesse nel frattempo alienato a terzi, perpetuandosi il danno del creditore, indipendentemente dall'esatta ubicazione patrimoniale attuale del bene, questi abbia il diritto di agire, anche nei confronti del terzo. Il che, come nel ricordato virgolettato sopra riportato, la norma espressamente afferma. Diversamente la portata della novella ne risulterebbe alquanto annacquata e sicuramente potrebbe dar luogo a facili elusioni laddove il beneficiario di una donazione possa comunque intestare sia pure fiduciariamente il bene ad un terzo, in tal modo restituendo alla donazione la sua piena efficacia sotto l'aspetto di cui alla norma in esame e, nel contempo, andando a porre nel nulla la tutela che il legislatore abbia inteso applicare a favore del creditore mediante l'introduzione di un principio dai connotati eccezionali ma di centrale e forse sottovalutata conseguenza.

Infine, altro aspetto di dubbia interpretazione è quello derivante dall'impatto che la norma in esame possa avere sul rimedio, da ultimo avallato anche dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, contro la supposta incommerciabilità e non ipotecabilità di un bene di provenienza donativa, offerto dalla cosiddetta risoluzione per mutuo consenso dell'atto di donazione.

Se, come è la sia pure discutibile convinzione di chi scrive, di certa dottrina e di una pregressa consolidata giurisprudenza, la risoluzione dell'atto donativo rappresenta esclusivamente un contraius actus (ovvero una manifestazione di consenso determinante un ulteriore accordo rispetto a quello originario, espressione di una volontà di segno uguale e contraria a quella originariamente manifestata dalla quale deriva, ma solo come effetto indiretto, la venuta meno dell'efficacia del contratto originario) la risoluzione dell'atto di donazione, si risolve in una contro-donazione che l'attuale donatario farebbe al proprio donante. Con la conseguenza che la dirompente portata della norma di cui all'articolo 2929-bis C.C., raddoppia il diritto del creditore che assuma essere stato “frodato” dall'atto di donazione compiuto che, in tal modo ha diritto di agire in esecuzione contro il donatario della donazione originaria e, dipoi, contro il beneficiario della donazione risolta, cioè contro il donante originario.

fonte: www.quotidianogiuridico.it//Atti di donazione: gli effetti del nuovo articolo 2929-bis del Codice Civile - Il Quotidiano Giuridico

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