venerdì 26 giugno 2015

Piantine di cannabis sul balcone: il cattivo stato vegetativo può salvare il ‘pollice verde’...

Piante ‘sospette’ sul balcone dell’appartamento di un uomo, tossicodipendente. E una rapida verifica permette di constatare le caratteristiche di quel ‘pollice verde’... ci si trova di fronte alla coltivazione di cannabis. Inevitabile la contestazione dell’ipotesi di reato di detenzione di droga a fini di spaccio, ma le condizioni – assai precarie – delle ‘piantine’ paiono rendere meno grave la condotta tenuta dall’uomo (Cassazione, sentenza 24732/15).

Il caso

Linea di pensiero comune per i giudici di merito: l’uomo va condannato per la «coltivazione di cannabis indica», testimoniata dalla scoperta di «quattro piantine in vaso». Secondo l’uomo, però, è stato trascurato un particolare non secondario: «l’entità del principio attivo complessivo non supera la dose media giornaliera», quindi «manca la prova della destinazione della sostanza stupefacente alla cessione». Tirando le somme, l’uomo sostiene la tesi della non «offensività della condotta». In effetti, per i giudici della Cassazione vanno riesaminate con attenzione le azioni dell’uomo. Però, viene chiarito, «con riferimento alla condotta di coltivazione, non assume alcun rilievo la destinazione ad uso personale della sostanza», e quindi «la circostanza, sottolineata dalla difesa, che le dosi potenzialmente ricavabili» dalle ‘piantine’ «fossero al di sotto della dose media giornaliera» non ha rilievo decisivo. Nodo gordiano, invece, chiariscono i giudici, è il «cattivo stato vegetativo» delle ‘piantine’: tale «condizione», difatti, poteva «incidere sulle prospettive di accrescimento» e quindi sulla «effettiva offensività della condotta di coltivazione». Su questo punto i giudici d’Appello dovranno soffermarsi, esaminando una seconda volta la vicenda, prima di decidere sulla «gravità della condotta» dell’uomo.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it /Piantine di cannabis sul balcone: il cattivo stato vegetativo può salvare il ‘pollice verde’... - La Stampa

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