venerdì 2 maggio 2014

Carceri: i parametri per valutare il rispetto delle condizioni umane

Per valutare se le dimensioni della cella consentano il rispetto dello spazio minimo vitale occorre scomputare dalla superficie lorda della cella solo lo spazio occupato dal c.d. mobilio fisso. E' quanto emerge dall'ordinanza 14 aprile 2014, n. 788 del Tribunale di Sorveglianza di Alessandria.

Il caso vedeva un detenuto proporre reclamo avverso le presunte condizioni inumane di detenzione, con particolare riferimento, tra l'altro, alle dimensioni assai esigue della cella, al fatto che il bagno fosse privo di finestra di aspirazione, non dotato di acqua calda e bidet ed al fatto che la cella fosse dotata di una finestra dalle ridottissime dimensioni, tali da impedire una adeguata aerazione del locale.

Invocando la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dell’8 gennaio 2013 (causa Torreggiani e altri c. Italia) e l’art. 27 Cost., il detenuto chiedeva che fosse ordinato all’Amministrazione Penitenziaria di porre rimedio alle condizioni inumane e degradanti di detenzione a cui era sottoposto ed individuasse il risarcimento compensativo. Secondo i magistrati di sorveglianza, nella fattispecie, detratta dalla superficie complessiva della camera detentiva (pari a 10,80 mq.) quella del bagno situato all’interno della stessa (pari a 1,28 mq.), lo spazio disponibile per ciascuno dei due occupanti la cella in questione risulta di 4,76 mq., quindi, ben superiore al limite dei 3 mq. ritenuto in sede comunitaria il limite al di sotto del quale si determina il trattamento inumano.

Inoltre, in merito alla doglianza relativa alle condizioni del bagno della cella, in mancanza di norme ad hoc nella l. 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), le disposizioni relative ai servizi igienici si esauriscono in quelle contenute nell’art. 7 d.p.r. 30 giugno 2000, n. 230 (Reg. att. ord. pen.) il quale, nel prevedere che “i vani in cui sono collocati i servizi igienici forniti di acqua corrente, calda e fredda, sono dotati di lavabo, di doccia e, in particolare, negli istituti o sezioni femminili, anche di bidet” (comma 2), fa riferimento solo ai “servizi igienici collocati in un vano annesso alla camera” (comma 1) e non già a quelli “sistemati all’interno della camera".



Ai servizi igienici sistemati all’interno della camera, l’art. 134, comma 2, Reg. att. ord. pen. prevede solo che essi “sino alla loro soppressione, dovranno comunque consentire la opportuna utilizzazione di condizioni di riservatezza”. Nella fattispecie, pertanto, secondo i giudici, non sarebbe ravvisabile alcuna “inosservanza da parte dell’amministrazione di disposizioni previste dalla presente legge e dal relativo regolamento” inosservanza che, invece, è necessaria ai fini del conseguimento della tutela giurisdizionale ex artt. 35-bis e 69, comma 6, lettera b), Ord. pen.

Infine, in merito alle asserite esigue dimensioni della finestra della cella, l’art. 6, comma 2, Reg. att. ord. pen. si limita a disporre che “le finestre delle camere devono consentire il passaggio diretto di luce ed aria naturali”, ciò che nella fattispecie effettivamente avviene. La norma non indica standard o parametri metrici in ordine alle dimensioni delle finestre, né si conoscono indicazioni eventualmente date al riguardo dalla giurisprudenza comunitaria e/o nazionale, con la conseguenza che, date le dimensioni della cella e l'esiguo numero degli occupanti, le caratteristiche dimensionali della finestra della cella risultano assolutamente congrue.

fonte: Altalex.com//Carceri: i parametri per valutare il rispetto delle condizioni umane

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